martedì, marzo 22, 2011

Costi di chiusura del ciclo di vita degli impianti nucleari

Continuiamo la pubblicazione delle analisi di Domenico Coiante dei singoli fattori che determinano il costo di produzione dell'energia nucleare. Dopo quella relativa alla durata della vita operativa delle centrali nucleari, pubblicata qualche giorno fa qui, oggi è la volta dei costi di chiusura del ciclo di vita delle centrali, in inglese "decommissioning" (smantellamento). Per leggere meglio le tabelle occorre cliccare sopra.

Scritto da Domenico Coiante

Introduzione
La produzione d’elettricità mediante reattori nucleari ha una peculiarità: le spese da sostenere per la gestione degli impianti non terminano alla fine della vita operativa, o poco dopo, come per le centrali tradizionali. La chiusura del ciclo si considera completata quando il sito è stato bonificato e restituito alla praticabilità in sicurezza. L’esperienza, finora maturata, ha dimostrato che questo risultato può essere ottenuto mediante un impegnativo e lungo percorso. La serie di operazioni da effettuare, a partire dalla data di chiusura dell’attività produttiva, si estende per oltre un secolo (Thomas, 2008). Inoltre, la responsabilità nei confronti dell’ambiente non si conclude con la bonifica del sito, ma si protrae per lungo tempo in altro luogo, cioè nella discarica dove si vanno a collocare i prodotti radioattivi risultanti dalla fase precedente, da mantenere in sicurezza per secoli. Queste operazioni sono indicate sinteticamente con i termini anglosassoni di decommissioning & waste disposal (smantellamento e messa in discarica dei rifiuti).

Vista la lunghezza del periodo temporale in gioco, una parte di queste operazioni non è ancora stata provata, ma soltanto delineata mediante simulazioni. Ne segue che la stima preventiva dei costi possiede una grande incertezza. Prevedere a distanza di un secolo quanto costerà completare la bonifica di un sito nucleare è una faccenda molto difficile, sia perché non esiste un’esperienza consolidata sull’argomento del costo, sia perché non si riesce ad assegnare un valore affidabile al tasso di sconto per un periodo così lungo, in modo da attualizzare la spesa da mettere nel presente bilancio economico dell’impresa nucleare.

Queste indubbie difficoltà hanno fatto sì che le spese per il decommissioning, in passato, fossero trascurate nel conteggio economico preventivo, lasciandone il carico sulle generazioni future come se si trattasse di costi sociali esterni. L’attuale presa di coscienza ambientale e l’approccio liberistico vigente sulla produzione d’elettricità impongono di valutare e prendere in considerazione nel bilancio d’impresa anche questi costi differiti nel tempo. A riprova del nuovo corso, basti citare la recente disposizione governativa statunitense, che obbliga i gestori delle centrali nucleari a mettere da parte 1 $ per ogni MWh prodotto, accumulando la somma per l’intera vita operativa in un fondo fruttifero vincolato per tali spese. Si tratta di 0,001 $/kWh, una cifra considerata dagli esperti come largamente insufficiente (Severance, 2009), pur tuttavia essa rappresenta l’ammissione ufficiale dell’errore per difetto di cui soffrono le vecchie stime di costo del kWh nucleare. Le valutazioni più aggiornate prendono in considerazione questa voce nella misura indicata dal governo USA, ma ne ammettono l’insufficienza. Ad esempio, il Prof. De Paoli dell’Istituto per l’Economia delle Fonti d’Energia (De Paoli et al, 2008) assume una maggiorazione della cifra USA ipotizzando un intervallo di costo tra 1 e 3 €/MWh. Il cambio di valuta nel momento dello studio era a 1 € = 1,5 $. Ciò significa ammettere che il costo del decommissioning possa avere un valore, nel caso migliore, il 50% più alto di quanto previsto dal governo USA e ben 450% nel caso peggiore, cioè (0,0015 – 0,0045) $/kWh.

Nel rapporto sopra nominato, Severance, invece, cita una stima di Moody’s che indica un contributo di circa 0,02 $/kWh (0,014 per il decommissioning e 0,006 per il waste disposal), valore 20 volte superiore a quello governativo USA. Se questa cifra fosse confermata in qualche modo, essa assumerebbe un peso notevole nello stabilire il costo del kWh.
Come si vede, esiste una grande incertezza. E’ tuttavia già chiaro che la spesa complessiva da sostenere per il decommissioning & waste disposal potrebbe essere rilevante ai fini del costo di produzione del kWh nucleare e che, pertanto, un’analisi accurata dei costi deve cercare d’individuare con la massima precisione possibile le spese da sostenere dopo lo spegnimento finale del reattore e la chiusura del ciclo di vita.
Proviamo qui di seguito a fare tale analisi.

Verifica
Iniziamo con l’approfondire il significato del contributo c = 0,001 $/kWh indicato dagli USA.
Ricordiamo che questo contributo presente emerge dall’attualizzazione delle spese da sostenere nelle fasi future in cui si articola il decommissioning, applicando ad esse il rispettivo tasso di sconto.
Per chi non avesse dimestichezza con questa materia, diamo qui alcuni cenni sommari.
Facciamo partire la scala dei tempi dall’oggi indicando con zero l’anno presente. Supponiamo di sapere che dovremo sostenere una spesa, ad esempio per un lavoro, che si renderà necessario tra t anni. Sappiamo anche che il costo di questa operazione oggi è S0 unità monetarie. A causa dell’inflazione e dell’aumento dei prezzi, il costo nell’anno t sarà diventato:

St = S0 (1+h)t (1+e)t (1)

Dove h è il tasso annuale medio dell’inflazione ed e è quello analogo per l’aumento dei prezzi oltre l’inflazione.
Poiché siamo previdenti, stanziamo nell’anno zero una somma Sx, che investiremo in banca in operazioni fruttifere ad un tasso nominale d’interesse pari a k, in modo che nell’anno t la nostra somma sarà cresciuta al valore:

Sxt = Sx (1+k)t (2)

A sua volta il tasso d’interesse nominale k è legato al tasso d’inflazione h e a quello d’interesse reale r (quello cioè al netto di h) dalla relazione:

(1+k) = (1+h) (1+r) (3)

La (2) diviene quindi:

Sxt = Sx (1+h)t (1+r)t (4)

Per poter far fronte nell’anno t al costo espresso dalla (1), dovrà avvenire che Sxt sia uguale a St e quindi:

Sx (1+h)t (1+r)t = S0 (1+h)t (1+e)t (5)

Da cui si ricava:

Sx = S0 [(1+e)t/(1+r)t] (6)

Il fattore F = [(1+e)t/(1+r)t] è detto fattore di sconto. La somma Sx che si deve investire oggi per poter pagare la spesa St da affrontare nell’anno t è determinata dal costo nell’anno zero S0 moltiplicata per il fattore di sconto, cioè scontata al presente. Detto in altro modo, il valore presente di una spesa da fare in un anno t differito nel tempo, si ottiene dal valore monetario odierno di questa spesa applicando ad essa il fattore di sconto.

Occorre notare che l’adozione del tasso d’interesse reale produce la semplificazione che fa scomparire nel fattore F la dipendenza dal tasso d’inflazione. Rimane, però, la dipendenza dal tasso specifico di crescita dei prezzi, che, soprattutto per tempi lunghi, può avere una significativa influenza. Poiché nel nostro caso la parte di gran lunga maggiore delle spese riguarderà il costo del lavoro e questo varia nel tempo essenzialmente a causa dell’inflazione, considereremo nel seguito il tasso della crescita dei prezzi e = 0 e quindi il nostro fattore di sconto per l’anno t sarà semplificato in:

F = 1/(1+r)t (7)

Torniamo ora alla nostra verifica.
Riferendo tutto al kW come unità di potenza, indichiamo con S0 (in moneta a valore odierno) la somma delle spese stimate per il decommissioning come se l’operazione si effettuasse tutta oggi (costo detto overnight). Consideriamo poi che la spesa dovrà essere affrontata alla fine della vita operativa della nostra centrale, cioè dopo N anni. Per quanto detto sopra il valore presente all’anno zero di questa spesa sarà:

Sp = S0 F = S0/(1+r)N (8)

Come di consueto, supponiamo di aver preso in prestito Sp e di restituirla in N rate costanti durante l’intera vita operativa della centrale. Allora, se QN il fattore d’annualità, il valore della rata c sarà determinato dalla:

c = QN Sp/(AEP) (9)

Dove:
• QN = r/[1-(1+r)-N] è il fattore di annualità per la restituzione di Sp in N rate costanti;
• r = è il tasso annuale dell’interesse reale (al netto dell’inflazione) applicato alla restituzione del prestito;
• N è la vita operativa della centrale espressa in anni;
• AEP è la produttività energetica annuale della centrale.

Considerato che per il governo USA è c = 0,001 $/kWh, risolviamo rispetto a Sp per i quattro casi esemplificativi della Tab.1.



Si deduce, pertanto, che il governo USA stima il valore presente della spesa complessiva per il decommissioning & waste disposal delle centrali nucleari compreso nell’intervallo tra circa 106 e 142 $/kW a seconda che il tasso di sconto valga il 5 o il 6,5% annuo e la vita operativa sia di 40 o 60 anni.
Quanto è affidabile questa valutazione?
Come vedremo meglio in seguito, il processo di decommissioning & waste disposal, che inizia alla fine della vita operativa, cioè dopo 30, 40 o 60 anni dalla partenza, ha una durata di circa un secolo, senza contare il tempo successivo di conservazione in discarica dei rifiuti radioattivi. Operazioni di così lungo periodo richiedono responsabilità che vanno sicuramente al di là di quelle delle ordinarie imprese commerciali. Per tale motivo, il Regno Unito ha ritenuto opportuno d’istituire nel 2004 un apposito organismo pubblico, la Nuclear Decommissioning Authority (NDA), responsabile del controllo del processo di smantellamento delle centrali nucleari britanniche, che sono giunte a fine vita operativa.
Utilizzeremo i dati provenienti da questa autorevole fonte per valutare meglio la situazione.
Ma prima stabiliamo le basi del discorso definendone i termini.

Decommissioning & waste disposal
Con questi termini inglesi, il cui significato non è riconducibile alla sola traduzione letterale, si indica l’intero processo di chiusura del ciclo di vita delle centrali nucleari. Esso comprende un’articolazione su diversi argomenti e in varie fasi temporali. Generalmente si adotta la traduzione: “Smantellamento degli impianti e messa in discarica dei rifiuti radioattivi.” Però, come vedremo, il concetto è più ampio di quanto appaia da questi soli termini.
Per comprenderne il vero significato, occorre ricordare brevemente alcuni fatti inerenti ai reattori nucleari dopo il loro spegnimento, che ci permettono d’identificare altrettante fasi operative. Secondo la NDA (Thomas, 2008), il procedimento da adottare è quello detto “Safstor”, cioè lavori in massima sicurezza (safety) e conservazione (storage) delle parti radioattive per tutto il tempo necessario ad un ragionevole decadimento dell’intensità delle radiazioni. Tutto sommato si riconosce che questo procedimento sia il più economico da usare quando non esistono esigenze di particolare urgenza circa il reimpiego del sito.
Si procede secondo le seguenti fasi:

a) Rimozione del combustibile dal nocciolo (Defuelling)
Durante la vita operativa degli impianti, che oggi si tende ad estendere da 30 a 40 ed anche a 60 anni, le barre di combustibile bruciato, estratte dal nocciolo, sono immerse verticalmente in un’apposita piscina d’acqua demineralizzata e lì immagazzinate. Questa operazione è fatta più volte ad intervalli di circa un anno e mezzo nel corso delle attività ed essa riguarda solo 1/4, o 1/3, alla volta degli elementi contenuti nel reattore. La permanenza in piscina è necessaria in attesa che l’alta radioattività delle scorie decada a valori compatibili con la possibilità del successivo trasporto in altro luogo. Il calore che si sviluppa dagli elementi fortemente radioattivi è continuamente rimosso facendo circolare l’acqua nella piscina con apposite pompe in modo da mantenere il liquido molto al di sotto della temperatura d’ebollizione e da conservarne il livello sempre almeno un metro sopra l’estremità superiore delle barre. Naturalmente, tutto ciò ha un costo. La relativa spesa è considerata all’interno dei costi annuali di esercizio e manutenzione.

Alla fine della vita operativa, dopo lo spegnimento del reattore, si effettua lo svuotamento completo del nocciolo rimovendo tutto il combustibile che esso contiene e si pongono le barre dentro la piscina. A questo punto, però, l’attività produttiva è ormai terminata ed il bilancio economico è chiuso. Pertanto, i costi di questa operazione non fanno più parte del bilancio ordinario, ma aprono un nuovo capitolo di spese di esercizio e manutenzione straordinaria.
In definitiva il defuelling costituisce la prima voce di questo nuovo capitolo di spesa.
Durata: circa 2 anni.

b) Preparazione per la sorveglianza e manutenzione (Care & Maintenance Preparation)
Poiché i prodotti di fissione più attivi hanno un tempo di dimezzamento di circa 30 anni, generalmente le barre di combustibile bruciato sono mantenute nella piscina per almeno questo periodo. Nei primi anni si svolgono tutte le attività di predisposizione delle attrezzature e degli impianti per adeguarli alla missione di conservazione in sicurezza del combustibile bruciato. Naturalmente, anche il resto degli impianti e l’intera centrale dovranno essere preparati per la messa a riposo in sicurezza per il lungo periodo prima che inizi l’operazione di smantellamento e rimozione delle parti. Ciò comporta un completo riassestamento delle competenze lavorative ed una diversa organizzazione del lavoro.
Pertanto, le operazioni di care & maintenance preparation costituiscono la seconda voce di costo del decommissioning.
Durata: circa 8 anni.

c) Sorveglianza e manutenzione (Care & maintenance)
Una volta che è terminata la fase di preparazione, inizia il lungo periodo gestione del sito della centrale spenta. Si dovrà sorvegliare l’intero impianto ed assicurare il funzionamento dei servizi anti-intrusione, mantenendo in piena efficienza per circa 30 anni il sistema di pompe che assicura la sicurezza della piscina di decadimento.
In definitiva, tutto ciò costituisce un’altra voce di spesa del processo.
Durata: circa 85 anni.

d) Sgombero totale degli impianti e pulizia finale del sito (Final clearance)
Non appena trascorso il tempo di dimezzamento delle scorie radioattive (circa 30 anni), può iniziare l’attività finale di rimozione degli elementi di combustibile ed il loro trasporto negli impianti di trattamento per la successiva messa in discarica di sicurezza. In questa fase si completa anche la rimozione di tutte le parti d’impianto, che non sono state attivate e si provvede a sezionare e compattare le parti attivate in modo da poterle trasportare e collocare in discarica sorvegliata. Per quanto riguarda l’edificio di contenimento, semplice o doppio, al momento non esiste una procedura consolidata per lo smantellamento, che, in ogni caso, rappresenta un’operazione abbastanza tradizionale, da effettuare con qualche cautela per una bassa residua radioattività purtroppo presente.
Infine, occorre ripristinare il sito per poterlo destinare ad altri usi.
L’intera fase finale costituisce l’ultima e più consistente voce di spesa del decommissioning.
Durata: circa 8 anni.

e) Messa in discarica di sicurezza dei rifiuti (Waste disposal)
Ad onore del vero, le spese del ciclo di vita dei reattori nucleari non si chiudono con il trattamento dei rifiuti e la loro messa in discarica, perché questa dovrà essere approntata con modalità costruttive speciali così da conservare i rifiuti radioattivi a lunga vita in sicurezza per secoli, cioè in modo da non costituire pericolo per la salute adesso e per le future generazioni. A parte il costo strutturale della discarica, occorrerà disporre di un servizio di sorveglianza per secoli. Purtroppo, tutti questi costi, che riguardano le generazioni future, non si sanno valutare pienamente e, pertanto, non vengono presi in considerazione all’interno del bilancio preventivo della centrale nucleare. Essi sono accantonati semplicemente tra le esternalità a carico della collettività.
Durata: secoli.

Caso di studio: Centrale Sizewell A da 420 MW tipo Magnox
Si tratta di un reattore inglese entrato in servizio nel 1966 e spento nel 2006. Funzionava con elementi di combustibile di uranio metallico incamiciati con una lega di magnesio (magnox). I neutroni erano moderati a grafite e il raffreddamento avveniva mediante circolazione forzata di anidride carbonica gassosa. Questa filiera è stata ormai abbandonata alla fine degli anni ’70 in favore dei più efficienti reattori refrigerati ad acqua (Boiling Water Reactor e Pressurized Water Reactor). La tecnologia magnox è stata sviluppata dagli inglesi, che la hanno applicata in casa ed esportata in numerosi paesi fin dagli anni ’60. Il reattore di Latina è un esempio di questa filiera. Un gran numero di questi reattori è ormai spento ed in fase di smantellamento.
Anche se le caratteristiche tecniche sono diverse da quelle della filiera PWR, che oggi appare come la più usata, esamineremo il caso di Sizewell, soprattutto per il dettaglio e l’affidabilità dei dati pubblicati.
La Tab.2 riassume brevemente la situazione del decommissioning di Sizewwell A secondo la NDA (Thomas, 2008).




Come si può vedere il costo specifico ricondotto al 2008 è di 788,1 £/kW, corrispondente a 1279,1 $/kW (1£ = 1,623$). Pertanto, se volessimo costruire un impianto nucleare dello stesso tipo nel 2008, dovremmo aggiungere questo costo alle altre voci. Il che corrisponde, con una produttività di 7500 kWh/kW ed un fattore d’annualità per una vita operativa di 40 anni pari a 0,05828 e per 60 anni pari a 0,05283 (r = 5%), a considerare rispettivamente un costo aggiunto di circa (0,01 - 0,009) $/kWh.
Questi valori sono circa un fattore 10 più alti del costo di 0,001 $/kWh ammesso negli USA. La ragione del divario, secondo gli esperti, è da ricercare nel fatto che i reattori gas-grafite, essendo poco efficienti, producono nella loro vita una quantità maggiore di rifiuti radioattivi e, quindi, maggiori spese per il trattamento.

Decommissioning dei reattori PWR in USA

a. Secondo la WNA (World Nuclear Association), il costo di smantellamento dei reattori PWR nei casi sperimentati (alcuni già definiti ed altri ancora in corso) è compreso fra 200 e 500 $/kW (valore del $ al 2001 (WNA, 2010).
Se andiamo ad esaminare i singoli casi di smantellamento, troviamo che il dato minore della forcella si riferisce ai piccoli impianti nucleari sperimentali, che hanno funzionato per un tempo ridotto a una o due decine d’anni. E’ chiaro che in tal caso i rifiuti radioattivi sono in misura minore e quindi il costo dello smantellamento è più basso. Pertanto, dovendo considerare il caso di una centrale di taglia intorno a 1000 - 1600 MW con vita operativa di 40, il nostro dato di riferimento non potrà essere che quello più alto indicato. Applichiamo ad esso il tasso d’inflazione medio del 2% per avere il costo attuale (2010) di 597 $/kW.

Per quanto riguarda l’allungamento della vita operativa a 60 anni, occorre precisare che questo dato deve essere proporzionalmente aggiornato a causa della maggiore quantità di rifiuti che si accumulano nei 20 anni aggiuntivi. Pertanto, la spesa da applicare alle centrali di vita allungata sarà grossomodo pari a 895 $/kW.
Nel bilancio d’impresa per la realizzazione di una centrale nucleare oggi, dobbiamo considerare questi valori per la voce di costo del decommissioning. Considerando, al solito, un tasso d’interesse reale che può andare dal 5 al 6,5%, un fattore di annualità su 40, o su 60 anni di vita operativa e la produttività annuale dell’impianto di 7500 kWh/kW, avremo secondo la (9):

r = 5% N = 40 anni Q40 = 0,05828 c = 0,0046 $/kWh
N = 60 anni Q60 = 0,05283 c = 0,0063 “
r = 6,5% N = 40 anni Q40 = 0,07061 c = 0,0056 “
N = 60 anni Q60 = 0,06652 c = 0,0079 “

In definitiva il contributo atteso per il costo del kWh potrà spaziare tra:

c = (0,0046 - 0,0079) $/kWh

cioè: c = (0,0033 - 0,0057) €/kWh (1 $ = 0,7289 €)

Questo costo è un fattore (4 - 5) volte più alto del valore indicato dal governo USA.

b. Secondo l’analisi finanziaria di Moody’s (Griffiths-Lambeth, 2008), il costo presente per il decommissioning & waste disposal è di circa 1000 $/kW, cioè circa 729 €/kW.
Applicando le stesse ipotesi del caso precedente, otteniamo per il contributo al costo del kWh:

c = (0,0070 - 0,0094) $/kWh = (0,0051 - 0,0068) €/kWh

Il costo risulta un fattore da 7 a 9 volte più alto di quello indicato dal governo USA.

Conclusione
Riassumiamo nella Tab.3 la situazione risultante della stima del contributo di costo del decommissioning dei reattori PWR di grande taglia.




In conclusione, potremo considerare che il contributo presente sul costo del kWh possa andare da 0,0033 a 0,0068 €/kWh.
Il costo del kWh nucleare stimato dallo IEFE (De Paoli, 2008) è dato come 6,32 c€/kWh. Si vede allora che il contributo, qui indicato nel caso peggiore della stima di Moody’s, costituisce circa il 15% del costo totale. Si tratta di una parte di costo che comincia ad essere rilevante. Comunque, anche negli altri casi, il valore è pur sempre notevolmente superiore a quello ottimistico (completamente trascurabile) indicato dal governo USA.

Come già accennato, occorre ricordare che, una volta sistemati i rifiuti radioattivi nella discarica speciale predisposta alla loro conservazione in sicurezza, una componente di spesa continuerà a gravare sul kWh nucleare per un tempo dell’ordine dei secoli. Il bilancio d’impresa, però, si arresta al momento della collocazione in discarica ed i costi successivi, che oggi sono difficilmente stimabili, s’intendono posti a carico della collettività presente e delle generazioni future come se si trattasse di costi sociali.
Ci chiediamo se questo è economicamente ed eticamente giusto.


Riferimenti
- De Paoli L., Gulli F, 2008, The competitivenessof nuclear energy in an era of liberalized markets and restrictions on greenhouse-gas emissions, Economia delle fonti di energia e dell’ambiente, Anno LI – N.2/2008, p.51.
- Griffiths-Lambeth N., 2008, Decommissioning and Waste Costs for a New Generator of Nuclear Power, Moody’s Report n.109086, May 2008
- Severance C.A., 2009, Businness Risks and Costs of New Nuclear Power, http://climateprogress.org/wp-content/uploads/2009/01/nuclear-costs-2009.pdf, p.26
- Thomas Steve, 2008, The Organisation & the Costs of the Decommissioning Nuclear Plants in the UK, Economia Delle Fonti Di Energia E Dell’Ambiente, Anno LI – N.2/2008, pp.63-82
- WNA, 2010, Decommissioning Nuclear Facilities, www.world-nuclear.org/info/inf19.html, ottobre 2010.


8 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti! Un altro formidabile, interessantissimo articolo.

Paolo Marani ha detto...

Ottimo articolo. Suggerisco di ricampionare le tabelle a risoluzione maggiore, in quanto sono assolutamente illeggibili e non dispongono di link a immagini con risoluzione migliorata.

Terenzio Longobardi ha detto...

Purtroppo le tabelle si pubblicano male su blogger. Ci sono riuscito con un'immagine, più di questo non riesco. Facendo lo zoom a 125%-150%
si leggono meglio. Mi dispiace.

Unknown ha detto...

Solo una precisazione, se non prendo qualche abbaglio. La peggiore ipotesi di Moody (0,68 c€/kWh) rispetto al costo di 6,32 c€/kWh mi sembra costituisca il 10,8% e non il 15%. Ma probabilmente qualcosa mi sfugge.
Grazie a Coiante per la chiarezza e la qualità di questo contributo.

Unknown ha detto...

Solo un chiarimento. Se il costo aggiuntivo per il decommissioning vale 0,68 c€/kWh ed il costo di produzione considerato è di 6,32 c€/kWh la percentuale aggiuntiva vale 10,7 e non 15. Almeno se ho seguito correttamente il ragionamento. In ogni caso grazie a Coiante per la chiarezza di questo contributo molto interessante.

Francesco Aliprandi ha detto...

Purtroppo per molte formule è andata persa la formattazione e possono risultare poco comprensibili. Potrebbe essere utile questo strumento (ma bisogna conoscere il LaTeX).

Terenzio Longobardi ha detto...

A parte le tabelle mi sembra si legga bene tutto. Comunque,se ha questa dimestichezza con gli strumenti di funzionamento dei blog, mi scriva all'indirizzo di posta elettronica. In casi difficili potremmo collaborare.

Francesco Aliprandi ha detto...

@ Terenzio:

Nessun problema per l'eventuale collaborazione, ma per carità, niente "lei": eravamo seduti di fronte mentre pranzavamo a Trento non molto tempo fa! :)