venerdì, novembre 13, 2009

Quando il prezzo del petrolio è un’opinione




created by Matteo Terrevazzi


Il caso ha voluto che uscissero ad un solo giorno di distanza, ma al di là della vicinanza temporale i due rapporti non hanno molto altro in comune. Da una parte e dall’altra dell’Oceano Atlantico, il 28 e 29 luglio 2009, prima la FSA (Financial Services Authority) inglese e poi la CFTC (Commodity Futures Trading Commission) statunitense hanno presentato un report sulla situazione del mercato petrolifero. E i risultati sono stati esattamente opposti. Lo studio inglese conclude che “non si è riscontrata nessuna evidenza sul fatto che gli speculatori siano stati i responsabili delle recenti fluttuazioni del prezzo del petrolio”, ma che, in realtà, “l’alta volatilità e l’incremento del prezzo abbiano più a che fare con l’incertezza dei mercati sulle aspettative di crescita economica che con la speculazione”.

Speculatori sani e salvi, quindi.

Peccato, però, che i colleghi statunitensi della CFTC, commissione che da pochi mesi ha avuto un cambio al vertice seguendo i colori della presidenza - da repubblicana a democratica, abbiano incoraggiato il Governo americano a “considerare seriamente” di intraprendere la strada di una “rigorosa limitazione alle attività di trading puramente finanziarie nel mercato del petrolio, del gas naturale e degli altri prodotti energetici”. Secondo Gary Gensler, il presidente della commissione, i responsabili del forte incremento della volatilità nel mercato energetico sono stati gli index funds, fondi scambiati come azioni che permettono agli investitori di scommettere sul rialzo del prezzo dell’energia. Queste conclusioni, tra l’altro, confliggono con quelle dell’ultimo rapporto della stessa CFTC dello scorso anno quando, sotto l’egida repubblicana, si era affermato che “i movimenti di prezzo sono principalmente guidati dai fondamentali di domanda e offerta” e che nei mercati in cui gli speculatori non operano – ad esempio quello della cipolla (sic!) – le oscillazioni dei prezzi sono molto più violente ed ampie.

Un’analisi del Wall Street Journal del 30 luglio propone una lettura interessante: in realtà indicare gli speculatori come i responsabili del rialzo del prezzo del petrolio “assolve” gli errori politici nel contrastarlo; insomma, se i responsabili sono gli index funds, rimangono impuniti sia la FED sia la generosa amministrazione Obama che hanno largamente concesso liquidità al sistema e, di conseguenza, fornito agli speculatori i mezzi per operare anche sul mercato energetico. D’altra parte, la CFTC ora vorrebbe mettere pressione sul Governo per correre ai ripari: a fine settembre, in occasione di un rapporto nuovo e migliore sulla vicenda, chiederà al Parlamento americano di introdurre una maggiore regolamentazione sugli swap dealer e una migliore vigilanza sugli oscuri mercati over-the-counter. In particolare, si vorrebbe porre una barriera al numero di contratti futures in essere detenuti dagli operatori non-commerciali e stabilire nuovi limiti alle principali banche, come JPMorgan Chase e Goldman Sachs, che sono i principali operatori sul mercato energetico e sono stati classificati come “commerciali” per l’attività di supporto che forniscono alle compagnie petrolifere.

Quello che propongono gli inglesi è, ancora una volta, esattamente l’opposto: l’FSA non ritiene che limitare la dimensione delle posizioni finanziarie possa portare alcun beneficio al mercato. Queste conclusioni contraddicono quanto ha recentemente auspicato il Primo Ministro Gordon Brown, secondo cui gli alti prezzi del petrolio sono collegati ad una speculazione finanziaria “ingiusta”, che merita di essere punita.

Anche nel recente dibattito della letteratura economica si assiste ad una divergenza di venute particolarmente radicale: gli economisti di matrice liberista portano evidenze sul fatto che la speculazione aiuta il prezzo a convergere più velocemente verso il valore “fondamentale”, pertanto servirebbe “più speculazione”, non meno, e qualsiasi tentativo di porre un freno ai prezzi distorce i meccanismi del mercato, mentre altri, tra cui Alberto Clò, auspicano una migliore vigilanza sulle attività finanziarie ed un’approfondita classificazione degli operatori, specialmente di quelli che operano al di fuori del mercato statunitense.

In conclusione, il mercato del petrolio non sembra smentirsi, ancora una volta, rimanendo quello che è sempre stato a partire dagli shock petroliferi degli anni ’70: un fumoso calderone ribollente di opinioni discordanti, impegnate nel vano tentativo di mettere a fuoco la verità o, più semplicemente, di supportare le convinzioni politiche del potente di turno.


Bibliografia
The Politics of “Speculation”, The Wall Street Journal, 30/07/2009
Andrews Edmund, US regulator favors limits on oil and gas futures trades, Herald Tribune, 30/07/2009
Fiano Andrea, Stop alla speculazione sul petrolio, Milano Finanza, 29/07/2009
Macdonald A. & Cui C., Speculators Cleared in UK Oil Volatility, The Wall Street Journal, 28/07/2009
Toriello Marco, Speculatori in azione ma in Italia il sistema non va, Il Mattino, 05/08/2009

2 commenti:

fabio ha detto...

Stanno tentando la quadratura del cerchio tentano di tenere i prezzi sufficientemente bassi per non far collassare l'economia però allo stesso tempo ci vogliono guadagnare parecchio come al solito inoltre lo sanno che siamo sul picco.
Il gioco di equilibrismo estremo non durerà a lungo

fausto ha detto...

In effetti i giochi speculativi non incidono affatto sul valor medio del bene scambiato; si limitano a causare oscillazzioni più o meno repentine.

Questa situazione crea un problema di mascheramento: il segnale di base (graduale crescita del costo della risorsa per sopraggiunta scarsità) viene nascosto da un rumore ad alta frequenza, dotato di notevole ampiezza (i su e giù prodotti da scambi di futures et similia).

Sarebbe utile inserire un bel filtro passa basso, e mostrare con chiarezza l'inesorabilità degli incrementi di prezzo dell'oro nero.