martedì, marzo 03, 2009

Abitudini, inerzie e altre patologie / 7: la forza d'inerzia dei sistemi legislativi


Sono ormai alcuni anni che sentiamo parlare di questo fantomatico "decreto milleproroghe", che immancabilmente si manifesta per procrastinare di mesi/anni azioni e scadenze che avrebbero già dovute giungere a un termine. Naturalmente, la mia ignoranza in materia giuridica è tanta, tuttavia voglio provare ad avanzare qualche congettura.

Questo stato dell'arte, questa esistenza ricorrente di una legge che agisce su un insieme di leggi mi ricorda vagamente il famoso paradosso di Bertrand Russel, in cui la definizione di insieme autoinclusivo (ad esempio, " l'insieme di tutti gli insiemi ", " l'insieme dei barbieri che si radono da soli ") conduce a un apparato logico con contraddizioni, dunque in certe condizioni indecidibile, per la possibilità di formulare asserti che risultano contemporanemente sia veri che falsi.

I paradossi, normalmente, creano feedback positivi e accelerano la transizione al caos.

Ma perchè riusciamo a produrre cose così perverse, che assorbono potenza decisionale che potrebbe essere utilmente impiegata nella transizione alle energie rinnovabili?

Sicuramente, avere tantissime leggi (circa 350.000 in Italia) crea una complessità mostruosa, che rende qualunque cambiamento estremamente difficoltoso. E' molto più facile "trascinare" ancora per un po' l'esistente, e poi chi arriverà dopo se la vedrà ...

Inoltre, fisiologicamente e per colpa di nessuno, i sistemi a "tanti corpi" hanno un'inerzia intrinseca, quindi prima che un'idea diventi proposta, venga accolta da tanti, poi da (quasi) tutti, poi venga attuata da molti, poi da (quasi) tutti passano 2-3 anni. Uno dei modi per accelerare questi tempi potrebbe essere quello di utilizzare l'intelligenza collettiva e connettiva; quest'ultima risorsa presuppone però un grado di evoluzione dei sistemi di informazione che l'Italia politica, per ora, sembra rifuggire.
PS Tra le azioni insabbiate dal milleproroghe risulta, tra l'altro, quella relativa agli impianti rinnovabili per i nuovi edifici, voce " Costruzioni (articoli 29, commi 1-quinquies e 1-sexies, 38, comma 1-bis e 40, comma 2-bis) ". Qui il link al Sole24Ore.
Ci sono molte altre cose sicuramente interessanti (es. " Motoscafi e barche " , " Servizi radiotelevisi Italia-San Marino " ... ) , ma mi permetto di ricordare che esiste una scala di priorità. Le energie rinnovabili dovrebbero essere al punto 1, e non banalizzate in un calderone di argomenti presi qua e là.

2 commenti:

raimondo ha detto...

Pensate a come impiegare le energie rinnovabili per voi stessi NONOSTANTE la legge, anzichè aspettarvi che l'utilizzo delle energie rinnovabili si diffonda grazie alla legge.
Per esempio fare il biodiesel in casa a partire da olio da cucina usato e alcool non è vietato.
Credo però che se lo si usasse come carburante per la propria auto si evaderebbe il fisco.
Ma non ho notizie di persone indagate dalla guardia di finanza perchè hanno usato olio di colza per la loro macchina.

Anonimo ha detto...

Purtroppo tutto quanto scritto nel post è vero e soprattutto le fonti rinnovabili sono delle sirene che distraggono dall'obiettivo primario: il risparmio energetico.
Un certo ambientalismo continua a sostenere i pannelli fotovoltaici ma questi sono inutili perché posti in un sistema dove la crescita dei consumi energetici e del PIL è vista come l'unica forma economica possibile.
Gli stessi politici, di qualsiasi parte siano, si sono innamorati dei pannelli fotovoltaici.
Esempio concreto. Torino, già 15 scuole con i pannelli fotovoltaici, il Comune dice anche per fini educativi.
Mi immagino questi bambini e ragazzi andare a casa e dire ai genitori:"Mamma, papà mettiamo anche noi i pannelli sul tetto?"
Cosa quasi impossibile soprattutto per chi vive in condominio.
Non sarebbe stato meglio cambiare le finestre di queste scuole, fare un cappotto esterno, isolare il tetto? Questi sì interventi educativi ed anche abbastanza realizzabili, anche come costi, nelle famiglie torinesi.
Ma questo è buon senso, tutta un'altra storia.