sabato, febbraio 28, 2009

Democrazia, informazione e nucleare

Lo sbandierato ritorno al nucleare nel nostro paese è, come ha giustamente scritto Ugo Bardi, per ora solo una pia intenzione, tutta da dimostrare nella realtà. C’è però da chiedersi quali siano i motivi di questo clamore mediatico. A mio parere, essi risiedono completamente nella strategia politica di Berlusconi volta a mantenere il consenso degli elettori, dimostrando di prendere o dando l’impressione di prendere decisioni di governo, contro un mondo politico parolaio bloccato dai veti incrociati dei partiti. Egli si autorappresenta cioè come un deus ex machina in grado di risolvere i problemi degli italiani che, storicamente ed antropologicamente, sono particolarmente sensibili a queste suggestioni. Il presidente del Consiglio, è inutile negarlo, è uno straordinario “venditore di tappeti” e usa abilmente gli strumenti del marketing economico applicandoli alla politica. Ascolta il polso degli elettori con frequenti sondaggi e costruisce azioni di governo proprio sui temi più popolari. Non importa se tali provvedimenti siano efficaci, l’importante è l’effetto annuncio, che lascia a cittadini spesso poco e male informati dai mass media un’apparenza di efficacia dell’azione di governo. Così si spiegano il decreto “antifannulloni”, le “ronde antimmigrati”, la “Robin Tax” e via dicendo. E così si spiega la campagna mediatica sul nucleare tutta giocata sulle insicurezze energetiche degli italiani. Si può combattere questo modello di comunicazione politica? E’ molto difficile, perché Berlusconi possiede il controllo di gran parte dei mezzi d’informazione e perché le opposizioni politiche sono state finora poco efficaci e la stessa informazione indipendente sconta il difetto storico nel nostro paese di una scarsa cultura scientifica, l’unica in grado di smascherare le bufale che ci propina il governo, come quella del nucleare. Nel nostro piccolo, cerchiamo di fare un po’ di controinformazione. Qualche giorno fa, ho scritto una lettera al Direttore del giornale “Il Riformista”, noto sostenitore del ritorno al nucleare in Italia, che mi sembra rimanga attuale per confutare alcune delle certezze dei nuclearisti nostrani. Perciò ve la ripropongo.

Caro Antonio Polito,

a proposito del ritorno al nucleare in Italia, non si lasci ingannare dai dati forniti da chi ha interessi nel settore. Il vero costo di produzione dell'energia elettrica prodotta dal nucleare è molto superiore alle valutazioni ottimistiche che circolano in certi ambienti. Le consiglio la lettura di questo articolo di un esperto indipendente (è un'ottima analisi tecnica che si basa su un metodo certificato internazionalmente, ma può leggere le conclusioni che smascherano i trucchetti contabili dei nuclearisti)

In realtà è il libero mercato a frenare il rilancio del nucleare, visto che da anni quasi nessuno investe in questo settore. La costruzione della tanto sbandierata centrale finlandese si sta allontanando nel tempo e i costi aumentano, come scritto in questo articolo su Qualenergia:
Certo, se lo Stato in Italia ci mettesse un bel pò di soldi il ritorno al nucleare si potrebbe anche fare. Ma io come lei sono liberista e la cosa francamente mi ripugna.
Infine Le propongo la lettura, all'indirizzo
di un rapporto poco incoraggiante sulle disponibilità di uranio economicamente estraibile. Per inciso, attualmente le estrazioni di uranio coprono circa il 60% del fabbisogno, mentre l'altro 40% deriva dallo smantellamento dell'arsenale nucleare.

Distinti Saluti
Terenzio Longobardi

giovedì, febbraio 26, 2009

Colin Campbell: il profeta


Rimango sempre più sorpreso di come ASPO abbia saputo prevedere il futuro. Ho ritrovato su internet una cosa che avevo sentito dire di persona più di una volta da Colin Campbell, chairman e fondatore di ASPO. Leggete cosa diceva più di tre anni fa, ben prima del crollo finanziario della fine del 2008. (traduzione mia)

..... direi che veramente negli ultimi 150 anni della prima metà dell'era del petrolio le banche prestavano molto di più di quello che avevano in deposito, confidenti che l'espansione basata su parametri economici era sufficiente a garantire per i debiti di oggi. Così, tutti hanno cominciato a pensare che fosse il denaro che faceva girare il mondo. In realtà, era l'abbondante disponibilità di energia a buon mercato. Direi che stiamo arrivando alla fine di un epoca in un certo modo. La finanzia, l'economia, le banche e tutto il resto diventano cose veramente delicate in questi giorni. Così potremmo trovarci a fronteggiare l'inizio di quello che potrei chiamare la seconda metà dell'era del petrolio. Potremmo trovarci a fronteggiare la seconda grande depressione, perchè la prosperità economica del passato che era generata da questa energia a buon mercato non è più disponibile.

Testo originale:
... I would say that really over the last 150 years during the first half of the age of oil the banks were lending more than they on deposit, confident that expansion based on economic parameters was adequate collateral for today's debt. So everybody began to think that it was money that made the world go round. In reality it was the cheap abundant supply of cheap energy. I would say that we are coming to the end of an epoch in a way. The financial and economic and banking and all of those things become rather delicate these days. So we may face the onset of what I would call the second half of the age of oil. We may face the second great depression, because the economic prosperity of the past which was driven by this cheap energy is no longer there.
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Anche Marion King Hubbert aveva previsto qualcosa del genere e persino il modesto sottoscritto, Ugo Bardi

mercoledì, febbraio 25, 2009

Mucche? Macchè, bufale ...


Pochi giorni fa, sul sito di una nota rivista italiana di automobili, è comparso l'articolo

"LE MUCCHE EMETTONO PIÙ CO2 DELLE AUTO". Tra l'altro, proprio alla sezione attualità/ecologia, in cui di tanto in tanto vado a spigolare per rendermi conto dei contenuti che si vogliono far passare in "anteprima" (si fa per dire) al pubblico del web.

In questo articolo l'autore (ignoto) si lancia in un funambolico confronto tra le emissioni di autoveicoli e quelle dell'allevamento del bestiame, arrivando a constatare che i primi impattano meno degli animali. Non vengono tratte ulteriori conclusioni scritte, tranne il fatto che si potrebbe fare qualcosa agendo sull'alimentazione degli animali ( ! ).



Devo amaramente realizzare che la mamma delle bufale è sempre incinta, con parti frequenti e plurigemellari; si dicono sempre più spesso le stesse falsità scientifiche, travestendole di volta in volta. Purtroppo, mentre la falsità giuridica è punita dalla legge, quella scientifica è continuamente vituperata, con una leggerezza disarmante.

Tornando al nostro articolo, occorre ricordare ancora la differenza tra cicli fossili e cicli rinnovabili. I bovini rientrano nella biosfera e traggono il proprio sostentamento dai cicli rinnovabili da centinaia di migliaia di anni: acqua, erba, sole.

La CO2 che scambiano deriva dalle biomasse: i carboidrati che digeriscono i bovini (l'uomo non può nutrirsi esclusivamente di "erba", essendo sprovvisto degli enzimi che hanno invece gli animali) vengono trasformati dal loro metabolismo, tra le altre cose, in metano ed anidride carbonica.

Diverso è il caso per l'utilizzo dei distillati dell'industria petrolifera. La loro combustione completa produce in modo quantitativo anidride carbonica e acqua (oltre a piccole parti di idrocarburi incombusti e altre molecole); dunque, il carbonio in forma ridotta, che era sepolto da decine di milioni di anni sotto qualche chilometro di litosfera, viene estratto e ossidato in modo estremamente veloce.

L'atmosfera si ritrova così a dover "collocare" un esubero di CO2 , che è un gas serra; essendo questo un ciclo ecologico con tempi sulla scala dei secoli/millenni, prima che le piante e gli oceani abbiano di nuovo fissato o assorbito l'esubero di anidride carbonica, sarà l'anno 2500 e oltre.

Il secolo attuale sarà quello in cui verranno accumulate le "coperte" più spesse.
[ si veda a tale proposito il post "L'effetto coperta (già effetto serra)" di Ugo Bardi ]



PS E' chiaro che l'autore aveva le idee ben confuse; non sembra aver capito che il rapporto originale della FAO si riferisce alla filiera dell'allevamento nel suo complesso (non si parla di mucche contro maiali etc). Avere un kg di carne sulla tavola è estremamente energivoro, in termini di petrolio equivalente per alimentare la poco efficiente catena dell'allevamento. Per un approfondimento si veda il post di Marco Pagani "Carne, energia e riscaldamento globale" .

martedì, febbraio 24, 2009

Italia, Francia e il nucleare


"La pensione a 60 anni" "Ma a noi avevano detto a 30!!" Il parco nucleare francese è ormai vecchio e la produzione di energia elettrica nucleare è in declino. Si cerca di rimediare tenendo in servizio più a lungo le vecchie centrali, ma il futuro del nucleare francese è molto incerto. Immagine da http://nucleaire-nonmerci.net



Ormai da molto tempo seguo una saggia regola che mi dice che non vale la pena guardare la televisione e leggere i giornali dato che tutte le notizie che vengono date sono o false, o esagerate, o irrilevanti (e spesso tutte e tre le cose insieme). Con questa regola, vivo tranquillo e mi risparmio le varie follie che periodicamente infestano gli schermi e le pagine dei giornali.

Tuttavia, ogni tanto mi capita di dovermi interessare per forza di qualcosa che appare sui giornali o in TV. Ultimamente mi è successo per la questione dell'accordo nucleare fra Italia e Francia. Avevo, in effetti, sentito parlare vagamente di questa faccenda e l'avevo automaticamente classificata fra le cose false, esagerate e irrilevanti. Ma mi è toccato approfondire un po' perché mi hanno intervistato alla TV su questo argomento. La regola è stata confermata in pieno, ma vediamo di discuterne un attimo.

Allora, prima di presentarmi per l'intervista allo studio televisivo, mi sono letto il comunicato ENEL sull'accordo. Poi, mentre me stavo seduto impalato e incravattato davanti alla telecamera ad aspettare, mi è toccato sorbirmi tutto il notiziario del giorno, nel quale mi sono accorto con stupore (ma neanche poi tanto) che si dicevano cose del tutto diverse da quelle scritte nel comunicato. Si diceva che Francia e Italia hanno "firmato un'accordo per la costruzione di quattro centrali nucleari in Italia entro il 2020". Ma è vero?

Bene, guardiamo un po' il testo del comunicato stampa emesso da ENEL. Ve lo riporto per intero in fondo, ma qui concentriamoci sulle frasi significative.

Risulta dal comunicato che ENEL e EDF (electricité de France) hanno "siglato due memorandum of understanding (MoU)". Cos'è questo oggetto che ha come nome un curioso mix di latino e inglese, e che viene abbreviato con la sigla di una caramella? In Italiano, si dovrebbe dire "protocollo d'intesa" oppure "lettera di intenti". Già il fatto che nel comunicato stampa abbiano usato il nome più pomposo di "memorandum of understanding" la dice lunga sulla volontà di offuscazione di questa gente. Ma andiamo avanti.

Allora, un memorandum of understanding (o protocollo di intesa, o lettera d'intenti che dir si voglia) rappresenta l'equivalente un po' più formale di una stretta di mano. Non che non possa avere valore legale; anche una stretta di mano lo può avere. Ma il fatto di usare questo termine e non quello di "contratto" indica che i partners dichiarano soltanto la loro buona volontà ma non prendono nessun impegno. Non abbiamo i testi dettagliati di queste due caramelle MoU, ma dal testo che abbiamo ci accorgiamo subito che, in effetti, non corrispondono a nessun impegno reale.

Ci sono due MoU fra Enel e EDF. Il primo "pone le premesse per un programma di sviluppo congiunto dell’energia nucleare in Italia da parte delle due aziende. " Notate che "pone le premesse", ovvero per ora non c'è nessun piano del genere.

Dice poi che "Enel ed EDF si impegnano a costituire una joint-venture paritetica (50/50) che sarà responsabile dello sviluppo degli studi di fattibilità per la realizzazione delle unità di generazione nucleare EPR". Ovvero, l'unico impegno di questo MoU e che EDF e ENEL faranno insieme uno studio di fattibilità. Ma notate che qualcuno dovrà finanziarlo, e qui non si accenna nemmeno a uno stanziamento.

Leggiamo poi che "Successivamente, completate le attività di studio e prese le necessarie decisioni di investimento, è prevista la costituzione di società ad hoc per la costruzione, proprietà e messa in esercizio di ciascuna unità di generazione nucleare EPR", Notate che "è prevista" la costituzione di una società ad hoc, ma questo è qualcosa che avverrà in un futuro non ben definito quando saranno prese "le necessarie decisioni di investimento", ovvero qualcuno avrà trovato i soldi, se ci riuscirà. Ovviamente, non c'è nessun impegno legale a fare questa cosa.

La seconda caramella MoU è altrettanto insipida della prima: dice che "Enel ha espresso la volontà di partecipare all’estensione del precedente accordo sul nucleare a suo tempo raggiunto con EdF per la realizzazione in Francia di altri 5 reattori EPR". Notate che Enel "ha espresso la volontà," tutto qui! E notate anche che soltanto ENEL ha espresso questa volontà; secondo il comunicato stampa, EDF non ha detto niente. Di solito, quando si fa un contratto, bisognerebbe essere d'accordo in due!

Diciamo che questi MoU sono equivalenti a una situazione in cui io potrei andare, per esempio, dall'agente immobiliare che vende una bella villa sulla Costa Smeralda e firmare con lui un "memorandum of understanding" nel quale io mi dichiaro interessato a comprare la villa e lui si dichiara interessato a vendermela, ma non si menziona a che prezzo. Una cosa del genere non vale niente; ovviamente. Infatti, quando fai un contratto serio per comprare una casa paghi una caparra e sul contratto c'è scritto il prezzo, i termini e le condizioni. Ma qui, fra Francia e Italia non c'è proprio niente del genere, niente di serio sul nucleare.

Questo non vuol dire che Francia e Italia non siano interessate a collaborare sull'energia nucleare. Anzi, con il proprio nucleare ormai in netto declino, la Francia ha bisogno di partners per rilanciare e rifinanziare nuove centrali e probabilmente questa è la ragione che ha spinto Sarkozy a Roma. Ma questo cosiddetto "accordo" fra Italia e Francia è puro fumo e rumore; aria fritta, propaganda fatta secondo un copione ormai collaudato e, curiosamente, la gente continua a cascarci.

Eppure, per tutta la giornata del 24 Febbraio, giornali e televisione ci hanno bombardato con la notizia che Italia e Francia si sono messe daccordo per la realizzazione di quattro centrali nucleari, dando la cosa come certa e assodata. Tutta la vicenda conferma in pieno la saggia regola che continuerò ad applicare: tutto quello che ti raccontano in TV o sui giornali va ignorato in quanto o è falso, o è esagerato, o è irrilevante, o tutte e tre le cose insieme.

Ah.... nell'intervista, le cose che ho scritto qui, ovviamente, non le ho potute dire!
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(comunicato stampa di Enel del 24 Febbraio 2009 - cortesia di Pierangela Magioncalda)

ACCORDO ENEL-EDF PER LO SVILUPPO DEL NUCLEARE IN ITALIA

Nel quadro del Protocollo di Intesa italo-francese per la cooperazione energetica, l’Ad di Enel Fulvio Conti e il Pdg di Edf Pierre Gadonneix hanno siglato due Memorandum of Understanding per studiare la fattibilità di almeno 4 unità di terza generazione avanzata del tipo EPR da costruire nel nostro Paese e per estendere la partecipazione di Enel al programma nucleare in Francia, a partire dal reattore di Penly recentemente autorizzato.

“Enel è onorata di avere al suo fianco nel progetto di rilancio del nucleare in Italia un partner industriale come Edf che ha in questo campo un’esperienza e una reputazione riconosciute a livello internazionale – ha commentato Conti –. Gli accordi siglati oggi contribuiscono a rafforzare i legami tra i sistemi industriali di Italia e Francia in un settore strategico come quello dell’energia e a sviluppare ulteriormente la reciprocità nei rispettivi mercati.”

Roma, 24 febbraio 2009 - Nel quadro del Protocollo di Intesa italo-francese per la cooperazione energetica, Fulvio Conti amministratore delegato e direttore generale di Enel e Pierre Gadonneix, presidente e direttore generale di Edf hanno firmato un primo Memorandum of Understanding (MoU) che pone le premesse per un programma di sviluppo congiunto dell’energia nucleare in Italia da parte delle due aziende. Quando sarà completato l’iter legislativo e tecnico in corso per il ritorno del nucleare in Italia, Enel ed EDF si impegnano a sviluppare, costruire e far entrare in esercizio almeno 4 unità di generazione, avendo come riferimento la tecnologia EPR (European Pressurized water Reactor), il cui primo impianto è in costruzione a Flamanville in Normandia e che vede la partecipazione di Enel con una quota del 12,5%.

L’obiettivo è di rendere la prima unità italiana operativa sul piano commerciale non oltre il 2020.

Con il MoU di oggi, Enel ed EDF si impegnano a costituire una joint-venture paritetica (50/50) che sarà responsabile dello sviluppo degli studi di fattibilità per la realizzazione delle unità di generazione nucleare EPR. Successivamente, completate le attività di studio e prese le necessarie decisioni di investimento, è prevista la costituzione di società ad hoc per la costruzione, proprietà e messa in esercizio di ciascuna unità di generazione nucleare EPR, caratterizzate da:

· partecipazione di maggioranza per Enel nella proprietà degli impianti e nel ritiro di energia;

· leadership di Enel nell’esercizio degli impianti;

· apertura della proprietà anche a terzi, con il mantenimento per Enel e EDF della maggioranza dei veicoli societari.

L’accordo Enel-EDF entra in vigore il 24 febbraio 2009 e ha una durata di 5 anni dalla data della sua firma, con possibilità di estensione.

In un secondo MoU, Enel ha espresso la volontà di partecipare all’estensione del precedente accordo sul nucleare a suo tempo raggiunto con EdF per la realizzazione in Francia di altri 5 reattori EPR, a partire da quello che recentemente il Governo francese ha autorizzato nella località di Penly.

“Enel è onorata di avere al suo fianco nel progetto di rilancio del nucleare in Italia un partner industriale come Edf che ha in questo campo un’esperienza e una reputazione riconosciute a livello internazionale – ha commentato Conti –. Gli accordi siglati oggi contribuiscono a rafforzare i legami tra i sistemi industriali di Italia e Francia in un settore strategico come quello dell’energia e a sviluppare ulteriormente la reciprocità nei rispettivi mercati.”

Enel è oggi presente in Francia nel nucleare, con una partecipazione del 12,5% nell’impianto di terza generazione EPR a Flamanville (1.660 MW); nelle rinnovabili, tramite la controllata Erelis, con 8 MW eolici operativi a fine 2008 e una pipeline di circa 500 MW; nella commercializzazione di elettricità con oltre 1.000 GWh venduti nel 2008.

Ulteriori possibilità di sviluppo di Enel in Francia, riguardano la costruzione di un impianto a carbone pulito da 800 MW, la partecipazione in due unità a ciclo combinato alimentate a gas (CCGT) di Edf da 930 MW e la partecipazione al processo di gara per il rinnovo di concessioni per 25 centrali idroelettriche.

Il porta e incassa funziona!


La mappa dei centri di raccolta dei rifiuti in Campania, dove i cittadini possono portare i loro rifiuti differenziati e riceverne un compenso monetario. Dal sito http://www.emergenzarifiuticampania.it/erc/Home/Informazione/Notizie/ERC-ERC_Layout_locale-1199880667264_1199887877985.htm


In un post precedente, vi avevo già parlato del decreto "porta e incassa" (conferimento remunerato dei rifiuti), promulgato a Novembre dell'anno scorso dal consiglio dei ministri. In Italia, capita non di rado che decreti bene intenzionati restino lettera morta, ma in questo caso per fortuna non è successo. Il decreto è stato attuato molto seriamente e i cittadini campani possono oggi portare plastica, vetro, alluminio e acciaio a ben 28 centri di raccolta sparpagliati per la regione. Ne ricevono un piccolo compenso, da 1.28 euro per 100 kg per la carta a 28.8 euro per 100 kg per l'alluminio. A questi compensi, decisamente nessuno diventa ricco. Per l'alluminio, per esempio, una lattina di 20 g vale meno di un centesimo. E' poco, però è qualcosa e, vista la situazione generale, aiuta.

La cosa interessante è che, anche a questi prezzi bassi, il sistema funziona. Mi riferiscono da napoli che la gente porta davvero carta, vetro, eccetera ai centri di raccolta. Se la cosa prende campo, Napoli e le città Campane potrebbero diventare le città più pulite d'Italia.

Fra le altre cose, è nato anche un progetto della prefettura di Napoli per incoraggiare i Rom a ripulire i loro campi e le zone limitrofe sfruttando il sistema "porta e incassa". Lo riferisce "La Repubblica" del 20 Febbraio 2009. Un'altra buona idea che potrebbe dare risultati eccellenti sia per ripulire zone degradate sia per migliorare l'immagine sociale dei tanto bistrattati Rom.

Potete leggere i dettagli dell'operazione in Campania a questo link.
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Ringrazio Mariella Maffini del commissariato per l'emergenza rifiuti in Campania per le informazioni che mi ha dato su questo argomento.

lunedì, febbraio 23, 2009

Una storia italiana

La città di Firenze ha un programma avanzato per la realizzazione di una rete estesa di linee tranviarie integrate al sistema ferroviario che, se portato a termine, tra qualche anno la collocheranno all’avanguardia del sistema di trasporto collettivo in Italia. La prima linea, che dal Comune limitrofo di Scandicci arriva alla stazione di Santa Maria Novella attraversando l’Arno in corrispondenza del Parco delle Cascine per 7,6 km di percorso e 14 fermate, è stata ultimata ed è attualmente in corso il collaudo dei mezzi Sirio lungo il percorso. L’inaugurazione è prevista al massimo per settembre. Le altre due linee, i cui lavori sono già stati appaltati alla prestigiosa società dei trasporti pubblici della città di Parigi Ratp, che gestirà insieme all’Ataf (azienda pubblica dei trasporti fiorentini) l’intero servizio sulle tre linee, comprendono la 2, che parte dall'aeroporto di Peretola, interscambia con l'Alta Velocità ferroviaria, percorre il centro storico e termina in piazza della Libertà, per 7,2 km di percorso e 18 fermate e la 3, che dall'ospedale di Careggi si collega con la stazione di Santa Maria Novella passando per la Fortezza da Basso, per 4 km e 10 fermate.
Tutto troppo bello per essere vero. Il passaggio della linea 2 in Piazza del Duomo scatena le proteste dei tutori dell’arte preoccupati dell’impatto sui monumenti e attorno ad essi si aggrega un variegato gruppo d’interesse politico-economico. A nulla valgono le assicurazioni, suffragate da centinaia di esperienze analoghe in Europa, che rispetto all’enorme impatto generato attualmente dai circa 2300 bus che attraversano giornalmente la piazza, il tram garantirebbe la salvezza delle opere d’arte grazie alla completa eliminazione delle vibrazioni agli edifici circostanti e alla totale assenza di emissioni nocive. Viene indetto un referendum consultivo che non supera la percentuale di partecipazione richiesta per la discussione in consiglio comunale. I contrari e i favorevoli sono quasi alla pari con una leggera prevalenza dei primi. Il Sindaco e la giunta comunale annunciano responsabilmente la volontà di andare avanti in un progetto strategico per la mobilità cittadina, uno degli oppositori politici manifesta l'intenzione di presentare una lista alle prossime elezioni comunali e tutto sembra tornare nell’alveo della ragionevolezza. Ma, alle primarie del Partito del Sindaco uscente per l’individuazione del nuovo candidato, vince nettamente e inaspettatamente il giovane Presidente della Provincia di Firenze che, appena nominato, annuncia una “verifica tecnica della fattibilità dei tracciati proposti” che tradotto dal politichese vuol dire ridiscussione del passaggio in Piazza Duomo. Nel vecchio stile italiano di rimettere sempre tutto in discussione senza concludere nulla. Ma perché perdere altro tempo quando, come spiega bene in questa intervista l’amministratore delegato francese della società che gestirà il sistema tranviario fiorentino, non esiste una vera alternativa al passaggio dal centro e dal Duomo? A meno di non prendere in considerazione l’assurda proposta proveniente da alcuni settori economici di una costosissima e inefficace metropolitana sotterranea. Come ho scritto in questo articolo e in questo articolo, il tram moderno è attualmente la soluzione più efficiente in termini energetici, gestionali ed economici ai problemi del traffico urbano ed extraurbano. Per questi motivi, mi auguro che il nuovo Sindaco, non riparta daccapo rispetto a un’infrastruttura fondamentale per la città e oserei dire per il paese, in forza della spinta propulsiva che l’esperienza di Firenze potrebbe dare a una tecnologia tranviaria in piena espansione in tutta Europa, ma in estremo ritardo in Italia.

sabato, febbraio 21, 2009

La verità sul clima


created by Giorgio Nebbia

[Professore emerito di Merceologia, Università di Bari



[articolo pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 20 gennaio 2009]



Una verità scientifica, scoperta da qualcuno, resta tale fino a quando qualcun altro, per motivi ideologici o di denaro, non dice che non è vera. Il revisionismo, la negazione di fatti accertati, è uno dei diffusi sport praticati da opinionisti, intellettuali, "scienziati", anche per ottenere consensi e approvazioni da chi è disturbato dalla verità. Pensate a Charles Darwin (1809-1882; cade quest'anno il bicentenario della nascita), questo biologo che gira il mondo a bordo della nave "Beagle", visita terre lontane, ne osserva e descrive piante e animali e, dopo averci pensato su, nella sua casa di campagna, per una ventina di anni, finalmente pubblica, esattamente 150 anni fa, il suo principale libro "L'origine delle specie". In esso Darwin spiega che ogni essere vivente, uomo compreso, è il risultato di una lenta evoluzione da organismi semplici a organismi più complessi. Il suo libro sarebbe finito confinato nelle biblioteche universitarie se qualcuno non si fosse accorto che metteva in discussione il racconto dell'origine dell'uomo contenuto nella Bibbia. La chiesa cristiana del tempo, negando il contributo di Darwin, non ha però evitato che l'evoluzione diventasse uno dei pilastri della cultura e della scienza moderna.

Ci sono moltissimi altri esempi di inutili negazioni delle verità scientifiche. A proposito di ecologia mi viene in mente il libro "Primavera silenziosa", pubblicato nel 1972 da Rachel Carson (1907-1964), una biologa del Ministero dell'Agricoltura americano. Il libro spiegava che, se si fosse continuato nell'uso indiscriminato di pesticidi persistenti come il DDT, queste sostanze sintetiche, disperdendosi in tutto l'ambiente, avrebbero compromesso la sopravvivenza di animali terrestri e marini e un giorno non ci sarebbero più stati uccelli a cantare nel cielo; alla lunga i pesticidi sarebbero arrivati con la loro tossicità nel corpo umano. Dopo la pubblicazione i potenti gruppi dell'industria chimica si sono scatenati a negarne la verità, preoccupati perché la contestazione dei pesticidi comprometteva la vendita dei loro prodotti e i loro affari; la verità è prevalsa e l'uso del DDT e di altri pesticidi è stato vietato e ne ha tratto giovamento la salute umana e dell'ambiente.

Tutto questo mi viene in mente ascoltando le recenti polemiche sull'effetto serra e sui cambiamenti climatici dovuti alle attività umane. Nel 1895 un chimico svedese, Svante Arrhenius (1859-1937; quest'anno cade anche il 150° anniversario della sua nascita; quante ricorrenze in questo 2009!), aveva pubblicato, in una rivista scientifica, un articolo in cui spiegava che l'aumento della concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera avrebbe fatto aumentare la temperatura terrestre. Alla fine dell'Ottocento si era nel pieno nella rivoluzione industriale basata sull'uso del carbone (la cui combustione provoca appunto una immissione di anidride carbonica nell'atmosfera) ed era appena cominciata l'era del petrolio. Passano i decenni e dal 1958 cominciano ad essere pubblicati i risultati di misure dettagliate della concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera effettuate in un osservatorio nell'isola di Mauna Loa, nelle Hawaii, in pieno Oceano Pacifico, lontano da città, fabbriche e altri disturbi. I dati sperimentali mostrano un costante aumento di tale concentrazione in diretta correlazione con l'aumento dell'uso dei combustibili fossili. Nello stesso tempo l'analisi delle statistiche sulle variazioni del clima nell'ultimo secolo ha mostrato che l'aumento della immissione nell'atmosfera di vari gas, principalmente l'anidride carbonica di origine antropica, sta provocando, proprio come aveva previsto Arrhenius, un lento graduale aumento della temperatura "media" --- va sottolineato "media", non quella di quest'estate o di quest'inverno a Bari o Bologna --- del pianeta Terra.

Un riscaldamento planetario che provoca fusione di parte dei ghiacciai permanenti, fa aumentare la frequenza delle tempeste in alcune zone e della siccità in altre, con prevedibili crescenti danni e costi economici per la nostra e le future generazioni. L'avvertimento è stato raccolto dalle autorità internazionali che, da alcuni anni a questa parte, hanno deciso che occorre limitare le emissioni di gas nell'atmosfera e rallentare il riscaldamento planetario, anche se questo impone di limitare il consumo dei combustibili fossili, di modificare radicalmente i mezzi di trasporto, i processi produttivi e l'organizzazione delle città, e comporta minori profitti per le industrie più inquinanti. Le quali in questi anni hanno organizzato una campagna di contro informazione per negare l'evidenza dei fatti.

Sono così apparsi e continuano a moltiplicarsi migliaia di articoli e di "blog" (quelle specie di lettere che appaiono su Internet, in cui chiunque può scrivere quello che vuole) di carattere negazionista; essi sostengono che non è vero che le attività umane fanno aumentare la temperatura "media" del pianeta e perciò che non è necessario cambiare la produzione delle merci o limitarne i consumi. Un riflesso di questo negazionismo si è avuto nella recente posizione assunta dal governo italiano al fine di ostacolare gli accordi europei per la limitazione delle emissioni di anidride carbonica. La voce dei negazionisti si è fatta più alta in occasione dell'attuale inverno freddo che smentirebbe chi sostiene l'esistenza di un riscaldamento planetario di origine antropica; anzi essi sostengono chel'osservazione della superficie terrestre dai satelliti artificiali indicherebbe che i ghiacciai stanno di nuovo aumentando. Per quel poco che può valere la mia modesta opinione, faccio presenteche il gioco del negazionismo non giova a nessuno; una corretta analisi mostra che il volume dei ghiacciai continua a diminuire, la crescente siccità e le sempre più frequenti alluvioni sono, purtroppo, realtà. Negare, per interessi di affari, le verità scientifiche alimenta il chiacchiericcio ma danneggia la conoscenza del mondo e diffonde l'impressione che non c'è da fidarsi di nessuno. E, fra l'altro danneggia anche coloro che alimentano il negazionismo perché impedisce loro di affrontare con coraggio e rapidità gli inevitabili mutamenti tecnico-scientifici e sociali necessari perché la Terra diventi più umana da abitare.

venerdì, febbraio 20, 2009

Hubbert il profeta

Ultimamente, ho fatto notare più di una volta come le "profezie" dei membri di ASPO si stiano avverando una ad una, comprese quelle del modesto sottoscritto. Ovviamente, le nostre non sono profezie, ma scenari basati su dati e modelli quantitativi. Tuttavia, prevedere il futuro non è mai facile - anzi, e facilissimo prendere delle cantonate pazzesche. I nostri modelli e i nostri dati, evidentemente, hanno qualcosa di buono.

Quindi, è tradizione per ASPO di fare buone previsioni e questa tradizione va indietro fino alla figura di riferimento del gruppo, l'uomo che per primo intuì l'esistenza del picco del petrolio nel 1956 ben prima che si verificasse negli Stati Uniti, nel 1970: Marion King Hubbert.

Guardate cosa diceva Hubbert in un seminario che dette al MIT Energy Laboratory il 30 Settembre del 1981. Se volete, lo potete prendere come una profezia dell'attuale crollo finanziario. In ogni caso, è evidente come Hubbert già prefigurasse a quell'epoca una serie di problemi che si stanno facendo sempre più scottanti oggi.

(Testo fornito da Gail Tilverberg, The Oil Drum - traduzione di Ugo Bardi)

L'attuale civiltà industriale mondiale è messa in difficoltà dalla coesistenza di due sistemi intellettuali che si sovrappongono ma che sono incompatibili: la conoscenza accumulata negli ultimi quattro secoli delle proprietà e delle relazioni fra energia e materia e la cultura monetaria associata che si è evoluta da modi di comportarsi popolari di origine preistorica.

Il primo di questi due sistemi è stato responsabile della crescita spettacolare, principalmente durante i due ultimi secoli, del sistema industriale attuale ed è essenziale per la sua esistenza continuativa. Il secondo, ereditato dal passato prescientifico, opera mediante regole proprie che hanno poco in comune con quelle del sistema di materia ed energia. Ciononostante, il sistema monetario, per mezzo di un accoppiamento poco rigido, esercita un controllo generalizzato sopra il sistema della materia e dell'energia al quale è sovrapposto.

Nonostante le loro incompatibilità di base, durante gli ultimi due secoli, questi due sistemi hanno avuto una fondamentale caratteristica comune, ovvero la crescita esponenziale, che ha reso possibile una coesistenza ragionevolmente stabile. Ma, per molteplici ragioni, è impossibile per il sistema materia-energia mantenere la crescita esponenziale per più di qualche decina di raddoppiamenti e questa fase è ormai quasi esaurita. Il sistema monetario non ha limiti del genere e, in accordo con una delle sue regole fondamentali, deve continuare a crescere per mezzo dell'interesse composto. La disparità fra un sistema monetario che continua a crescere esponenzialmente e un sistema fisico che non lo può fare porta nel tempo a un aumento del rapporto fra il denaro e l'output del sistema fisico. Questo effetto si manifesta come inflazione dei prezzi. Un'alternativa monetaria che corrispondesse a una crescita zero in senso fisico sarebbe un tasso di interesse zero. In ogni caso, il risultato sarebbe l'instabilità finanziaria su grande scala.

Testo originale:

"The world's present industrial civilization is handicapped by the coexistence of two universal, overlapping, and incompatible intellectual systems: the accumulated knowledge of the last four centuries of the properties and interrelationships of matter and energy; and the associated monetary culture which has evloved from folkways of prehistoric origin.

"The first of these two systems has been responsible for the spectacular rise, principally during the last two centuries, of the present industrial system and is essential for its continuance. The second, an inheritance from the prescientific past, operates by rules of its own having little in common with those of the matter-energy system. Nevertheless, the monetary system, by means of a loose coupling, exercises a general control over the matter-energy system upon which it is super[im]posed.

"Despite their inherent incompatibilities, these two systems during the last two centuries have had one fundamental characteristic in common, namely, exponential growth, which has made a reasonably stable coexistence possible. But, for various reasons, it is impossible for the matter-energy system to sustain exponential growth for more than a few tens of doublings, and this phase is by now almost over. The monetary system has no such constraints, and, according to one of its most fundamental rules, it must continue to grow by compound interest. This disparity between a monetary system which continues to grow exponentially and a physical system which is unable to do so leads to an increase with time in the ratio of money to the output of the physical system. This manifests itself as price inflation. A monetary alternative corresponding to a zero physical growth rate would be a zero interest rate. The result in either case would be large-scale financial instability."

giovedì, febbraio 19, 2009

Penso positivo


Come sapranno i frequentatori (e scrittori) un po' più "habitué" del blog, tra le cose che qui NON sono mai state dette c'è "Dobbiamo stare tranquilli, va tutto benissimo, c'è una crisi congiunturale un po' più dura del solito. Il prezzo del petrolio sembrava fuori controllo, ora è molto basso e ci sono le basi per vedere finalmente tornare a crescere l'economia".

Questo appena citato non è un pensiero positivo, direi piuttosto un farneticare che illude e pecca di faciloneria; riporre la fiducia in una falsa positività significa gettare le basi per una futura vera negatività.

Jovanotti, quando canta di pensare positivo, aggiunge che "niente, nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare". Dunque proviamo a ragionare insieme su un argomento principe della dinamica dei sistemi, quello di feedback positivo.

Come egregiamente spiegato da Pietro Cambi, Marco Pagani e Ugo Bardi (per non citarne altri) in alcuni loro post, la dinamica dei sistemi di cui siamo parte è ricca di feedback positivi. A dispetto del loro nome, di "positivo" (in senso psicologico) hanno ben poco. Citiamo alcuni semplici esempi.

1. Esempio scientifico: lo scioglimento della calotta polare artica. Un aumento di temperatura provoca una riduzione della superficie ghiacciata. La minore superficie riflette i raggi solari in minor misura; risultato, il mare riceve e assorbe una maggiore energia termica da parte dei raggi solari, inducendo a sua volta un maggiore scioglimento dei ghiacci.
2. Esempio tecnologico: il "fischio" di un microfono si produce quando lo stesso è troppo vicino alla cassa che lo amplifica. Le microvibrazioni meccaniche della membrana interna vengono trasdotte in un segnale elettrico, che viene poi amplificato e emesso da una cassa; il suono prodotto viene ri-catturato dal microfono, e così via, in un loop idealmente infinito. Il rumore così generato raggiunge rapidamente volumi molto alti, per arrivare a un massimo di dB, in funzione della potenza dell'apparecchiatura [non si tratta di una situazione catastrofica, ma sicuramente poco piacevole].
3. Esempio economico: chi è "ricco" (cioè, al suo codice fiscale risulta associato un conto contenente numeri "grandi") tende a vedere aumentare la sua ricchezza più velocemente di chi è di ceto medio-basso, per effetto degli interessi e della capacità di investimento. Cioè, chi può, generalmente, vive di rendita. Chi più ha, più avrà.
4. Esempio sociale: un'attrice o un attore "attraente", un calciatore "di grido" tenderanno a diventare con il tempo sempre più interessanti e popolari per effetto dell'aumento esponenziale dei fans (psicosi di massa veicolato dai media).

Che cosa accomuna questi casi? Il fatto di condurre a situazioni instabili, ingovernabili e assurde.

mercoledì, febbraio 18, 2009

Spigolature: linkoteca di ASPO - Italia



What is and what should never be *

created by Maurizio Tron


Dalle deliranti affermazioni di chi si rifiuta di parlare di se stesso:

'Il fatto che tra gli sponsor della sua fondazione ci siano società coinvolte nel business degli inceneritori per lui non è un motivo di imbarazzo ma “una balla che non esiste, un’invenzione”'

visto che fra i suoi sponsor ci sono fior di aziende legate mani e piedi al business:

all' "half gone" per un bene del quale non si può proprio fare a meno, altro che petrolio:

'Siamo al “picco dell’acqua”. Anche se miliardi di persone non hanno ancora accesso all’acqua, il genere umano usa già la metà dell’acqua accessibile. L’informazione viene dal Pacific Institute, che usa il termine “picco dell’acqua” nel suo rapporto biennale “The World’s Water” appena pubblicato'

Dalle speranze presto deluse dell'energia infinita - chi fra gli ing. nucleari della ml non ricorda il Superphénix ? :

'La centrale nucleare di Monju è l'unico reattore autofertilizzante giapponese e avrebbe dovuto essere il fiore all'occhiello della sua tecnologia. Il fiore invece è appassito presto, dal momento che nel 1995, appena un anno dopo la sua inaugurazione, una grave perdita di Sodio ne ha imposto la chiusura'

agli investimenti che avrebbero un reale ritorno, energetico e di risparmio:

'Qui da noi no. Qui da noi parole sante come quelle di Thomas Dietz sembrano eresia. I nostri governanti pensano di far ripartire l’economia e salvare posti di lavoro con gli incentivi al mercato delle auto. Proprio quelle che consumano tanta energia e friggono il clima con le emissioni di gas serra. E quando arriverà il piano di incentivi all’acquisto delle auto, per favore: non date retta agli specchietti per le allodole, non stateli a sentire quando diranno che lo fanno per salvare il pianeta oltre che l’economia, dal momento che le auto nuove producono meno emissioni'

dagli arabi che comprano derivati petroliferi:

'Beh è una notiziola, ma comunque un evento storico: l'Arabia Saudita ha firmato un accordo per comprare 3 milioni di barili di gasolio da una compagnia giapponese'

fino alla madre di tutti i problemi:

'Non è solo questione di lasciar spazio su questa Terra anche alla foca monaca e alla tigre del Bengala. Il punto è che lo spazio, fra un po’, non lo avremo neanche più per noi. Eppure, se sentite i tigì, le culle vuote sembrano un’emergenza nazionale. Strano, non trovate?'

Con una lettura consigliata:

'Kunstler, la cui impostazione è vista da vari analisti come l’ultima evoluzione delle teorie malthusiane sullo squilibrio tra demografia e produzione di risorse, basa la sua analisi non solo sulla necessità di congrue forniture di idrocarburi per il nostro sistema socio-economico, ma sull’imprescindibilità di una loro disponibilità a basso prezzo: secondo l’autore infatti, l’intera parabola dell’industrializzazione (dalle prime macchine a vapore fino all’odierna economia globalizzata) e dell’urbanizzazione di massa si è basata su una specie di “bolla” di prelievo di energia. Indipendentemente dal fatto che il picco globale del petrolio e quello del gas siano già stati raggiunti o siano in procinto di esserlo (e, come giustamente afferma l’autore, ce ne potremo accorgere solo «dallo specchietto retrovisore», cioè a posteriori), ciò che è certo è che in due secoli l’umanità ha consumato almeno la metà dell’energia solare che era stata stoccata in depositi sotterranei in milioni di anni. E la metà rimanente è quella più costosa e meno agile da estrarre [....] Una società ipertrofica quindi, perchè drogata di energia a basso prezzo. Una società che ha basato il suo sviluppo industriale, economico, urbano e dei trasporti sull’illusione dell’inesauribilità del suo carburante (e componente strutturale) più importante, o perlomeno sull’infinita disponibilità di esso a basso prezzo. E una società che, con il mutamento del paradigma della disponibilità di idrocarburi economici è destinata al collasso, o meglio ad una fase di «lunga emergenza», quale è il - più adatto – titolo originale dell’opera [....] In sintesi, quindi, abbiamo costruito, grazie agli idrocarburi a buon mercato, un sistema di utilizzo dei flussi caratterizzato da altissima entropia, i cui sottoprodotti sono l’inquinamento (in particolare quello climatico), le guerre per le risorse, l’impoverimento morale della società [....] Per capire il futuro occorre aggiungere a quanto descritto finora un costante percorso di logoramento che subiranno la società umana, la sua coesione sociale, la sua stabilità economico-finanziaria (e a conferma della spiccata capacità predittiva dell’autore va annotato che, tra i principali fattori di destabilizzazione da egli attesi in un “prossimo futuro” rispetto all’anno 2005 in cui è uscita l’opera, possiamo leggere una crisi dei mutui subprime e oscillazioni prima mai viste del prezzo al barile del petrolio), la solidità delle sue istituzioni centrali, e l’aggravarsi dei cambiamenti climatici causati dal surriscaldamento globale'

Maurizio

* http://www.lyricsfreak.com/l/led+zeppelin/what+is+what+should+never+be_20082025.html, http://www.youtube.com/watch?v=Q7oxXi0V_I0

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The party's over .... Well, sometimes it's there, sometimes it's not there anymore

David Addison

martedì, febbraio 17, 2009

Gli allarmisti di Katrina



Anni fa, mio zio è morto di un tumore ai polmoni. Era lo zio ingegnere che sapeva un po' tutto di tutto. Da lui avevo imparato tante cose: come costruire una radio a galena, come sparare col fucile da caccia, come trovare i pianeti nel cielo e guardarli con il telescopio. Se ho studiato scienza all'università e ho fatto la carriera che ho fatto, è stato molto per via dalla sua influenza.

C'era una cosa, però, che da lui non ho imparato: fumare. Non ho mai fumato una sigaretta in vita mia, se non per scherzo e facendo finta ogni volta di soffocare. Invece, mio zio era sempre stato un fumatore incallito e uno dei ricordi che ho di lui quando ero piccolo erano le sue dita gialle di tabacco. Quando è morto, aveva poco più di cinquant'anni e lasciava cinque figli, di cui uno di sei anni. Mi ricordo che maledissi le sigarette e chi le vendeva.

Anni dopo, mi ricordo che raccontai questa storia a un collega; anche lui accanito fumatore. Volevo fargli capire che avrebbe dovuto smettere. Ma lui mi rispose: "ma come fai a dire che tuo zio è morto per colpa delle sigarette? Tanta gente muore di cancro ai polmoni, anche chi non fuma." E se andò in una nuvola di fumo azzurrino.

Questa storia mi è ritornata in mente discutendo con Carlo Stagnaro nei commenti di un post precedente, intitolato "ghiaccio agghiacciante". La ragione del contendere era il confronto fra gli opposti estremismi nella questione climatica: da una parte la compiacenza di chi trascura il problema dall'altra l'allarmismo di chi lo ingigantisce.

Io sostenevo che non c'è veramente un problema di allarmismo. Al massimo, secondo me, si trova sui vari blog e commenti qualche ingenuo che vede il global warming in ogni giornata di sole. Stagnaro, invece, sosteneva che anche i sostenitori del Global Warming Antropogenico fanno spesso dell'allarmismo, citando sia i ghiacci polari come l'uragano Katrina del 2005.

Vale la pena di ragionare su questo punto, specialmente a proposito della questione Katrina dove, effettivamente, si può sostenere che c'è chi ha un po' esagerato con la relazione con il riscaldamento globale. Mi ricordo, infatti, di aver sentito Sharon Stone a un convegno dire a proposito di Katrina che "non vi sembra che la Terra stia cercando di scrollarsi di dosso gli esseri umani?" Frase a effetto, indubbiamente, ma non proprio esatta. Ma è allarmismo, questo? E che differenza c'è fra "allarmismo" e "allarme"? A questo punto, credo che abbiate capito perchè sono partito in questo post raccontandovi la storia della morte di mio zio. Sarebbe stato allarmismo dire a mio zio che avrebbe fatto bene a smettere di fumare? Oppure sarebbe stato un allarme giustificato?

I fabbricanti di sigarette avrebbero certamente parlato di allarmismo, specialmente al tempo in cui mio zio fumava un pacchetto di sigarette dopo l'altro, negli gli anni 1960 e 1970. A quel tempo, cercavano ancora di convincere la gente che il fumo non faveva male. Ma il primo studio statistico che correlava fumo e tumori risale al 1929 e già nel 1964 l'evidenza era talmente chiara che il "Surgeon General" degli Stati Uniti aveva dichiarato ufficialmente che il fumo era pericoloso per la salute. Queste cose, mio zio non poteva non saperle. Doveva anche essergli chiaro il principio di precauzione, dato che lavorava come ispettore della sicurezza degli edifici. Eppure, ha continuato a fumare fino all'ultimo. Con tutta l'ammirazione che avevo, e ho tuttora, per mio zio, devo dire che si è comportato da irresponsabile.

Ora, tornando all'uragano Katrina e al riscaldamento globale, quello che possiamo dire è che un uragano è il risultato di una catena di eventi molto complessi; masse d'aria che si scaldano, venti che soffiano, temperature dell'oceano che variano. Per trovare un legame diretto e casuale con il riscaldamento globale dovremmo seguire tutti questi eventi complessi e alla fine non arriveremmo a provare niente. Ma quello che possiamo dire è basato sulla statistica: la frequenza degli eventi estremi come gli uragani è molto aumentata in funzione dell'aumento di temperatura degli oceani. Così come la probabilità di un tumore ai polmoni aumenta se uno fuma, la probabilità di un evento come Katrina è maggiore a causa del global warming.

Così, chi vive in zone soggette agli uragani può anche non aver capito bene i dettagli e le correlazioni statistiche - ma non è allarmismo se gli diciamo che farà bene a non sentirsi troppo tranquillo e a prendere delle precauzioni per una possibile emergenza. Sarebbe da irresponsabili ignorare il problema. Lo stesso vale per tutte le altre manifestazioni del riscaldamento globale; dalla siccità alle ondate di calore. Non è allarmismo parlarne e neppure prendere delle precauzioni. E se fumate, pensateci sopra: sarà allarmismo, ma se smettete è meglio per la vostra salute.

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(ah.... se vi incuriosisce, quel collega che avevo cercato di convincere a non fumare oggi ha quasi settant'anni e, per quanto ne so, sta benissimo!

lunedì, febbraio 16, 2009

Nuovo blog di ASPO-Italia: "Nuove Tecnologie Energetiche"




E' nato il nuovo blog della famiglia "ASPO-Italia", nuove tecnologie energetiche.

L'idea nasce dalla lista di discussione con lo stesso nome "nuove tecnologie energetiche". La lista esiste da circa un anno e ha oltre 180 aderenti che includono parecchi esperti di energia rinnovabile. Visto il buon livello della discussione, ci è parso il caso di allargarla e di renderla pubblica con un blog dedicato specificatamente all'argomento. Ci è parso anche di poter alleggerire il blog "Risorse, Economia e Ambiente" che, al momento, si trova un po' ingorgato con troppi argomenti e che così potrà assumere una fisionomia più mirata e specifica.

L'idea con "nuove tecnologie energetiche" è di fare un blog dove si parla di energia, in particolare di energia rinnovabile, a un livello comprensibile da tutti ma comunque in modo rigoroso. Il blog lo pensiamo "aperto" nel senso che valutiamo contributi da chiunque abbia voglia di sottometterceli. Per il momento, mandateli a ugo.bardi@unifi.it; si cercano anche dei volontari che diano una mano a gestire il blog.

domenica, febbraio 15, 2009

Il picco dei licenziamenti



Tempo fa ho scritto un post dal titolo "Il picco dei raccomandati", in cui avevo cercato di analizzare il fenomeno della raccomandazione sul lavoro e di studiarne l'evoluzione parallelamente al picco del petrolio. Mi ha colpito il commento di un anonimo, che condivido:

"Al diminuire dei posti disponibili, un uguale numero di raccomandati copre una percentuale crescente di ruoli".
Ora che la crisi industriale si sta facendo più "concreta", mi sento di dire che stiamo per arrivare a vedere il picco dei licenziamenti. Qualcuno percepirà che sto scrivendo un'ovvietà; forse.

La riduzione della crescita industriale (il cui leading factor è la diminuzione di output petrolifero) reca con sè l'impellente necessità di chiusura di stabilimenti, di ridimensionamenti per i siti che si salvano, di ristrutturazioni generali. In questo contesto assisteremo (e assistiamo, garantisco) a un inasprimento del triste fenomeno dei maltrattamenti sul lavoro (mobbing).

Il modo più conveniente per le aziende per procedere con la riduzione del personale è proprio quello delle dimissioni volontarie; però, essendo oggi il mercato del lavoro particolarmenete stantio, non sono in molti a rassegnare le dimissioni di propria iniziativa, in assenza di particolari motivi.
Ed è qui che interviene la macchina infernale: una serie di azioni pianificate e mirate volte a demotivare e stressare psicologicamente le persone obiettivo. Rimproveri per cose di poco conto, esclusione, fino ad arrivare a sfiorare l'illecito con atteggiamenti aggressivi, intimidazioni, offese.

Le azioni sono normalmente attuate dal "responsabile" gerarchico, ma sono quasi sempre coadiuvate da una rete di "persone" (servi) che ne garantiscono la continuità. Ovviamente, dietro le quinte c'è la regia di una funzione aziendale di livello medio-alto che è motore, supervisore delle azioni, nonchè "motivatore" dei mobbers.

Dirigenza e mobbers corrispondono a quei "raccomandati" di cui parla l'anonimo nel suo commento, che cercano di trarre profitto dalla situazione (o anche solo di sopravvivere alla crisi), cavalcando il picco dei licenziamenti.

Il risultato complessivo, comunque, sarà un danno ulteriore alle realtà industriali "vecchiotte" già in difficoltà, legato alla pessima performance della disperata strategia "ognuno per sè" (si veda per un approfondimento il post di Ecoalfabeta "La tragedia dei commons / 1 ).

Una serie di colpi che alla fine della fiera potrebbero avere una contropartita positiva: il decollo e l'implementazione diffusa delle nuove tecnologie rinnovabili.


PS Per un confronto con un altro stile di management, che a mio avviso ha un ritorno energetico molto maggiore di 1, si veda il post "L'arte del management secondo Ugo Bardi"

sabato, febbraio 14, 2009

A Favore dei Veicoli Elettrici

Modello Detroit Electric - 1912
(fonte web: http://www.speedace.info/electric_vehicle_history.htm)


E’ ormai ben accetto che l’emissione di inquinanti nell’ambiente (aria, terra e acqua) rappresenta e rimane uno dei maggiori problemi della società moderna, dovuto in larghissima parte all’uso dei veicoli stradali (soprattutto ad uso privato) con motori a benzina, diesel (in particolar modo) e al gas (in minore misura). Inoltre è fuori da qualsiasi dubbio che il riscaldamento del Pianeta Terra, sia conseguenza della emissione di elevati quantità di CO2 in atmosfera. Altri inquinanti, come gli idrocarburi aromatici policiclici, risultanti dalla combustione incompleta dei combustibili fossili sono responsabili dell’insorgere di molte malattie (cardio - respiratorie) moderne (Funk K, Rabl A. Electric versus conventional vehicles: social costs and benefits in France. Transportation research part D 4. 1999; 397-411).
In 50 anni, le emissioni totali di CO2 da fonti di energia fossile (FEF), sono cresciute partendo da 5,9 miliardi a 29 miliardi di tonnellate (2006) (Energy Information Administration (EIA), Annual Carbon Report, 2008, http://www.eia.doe.gov/iea/carbon.html). Nel 2002, negli Stati Uniti d’America, il 30% circa dei NOx emessi, provengono dai veicoli a motore Diesel. Sempre negli USA, nel 2005 sono stati stimati emissioni dovuti a motori Diesel, come segue: 657000 tons NOx , 1100000 tons CO, 63000 tons PM10 e 94000 tons SO2 (Abolhasani S. Assessment of on-board emissions and energy use of non-road construction vehicles. A thesis for the degree of Master of Science in North Carolina State University. 2006).
Funk el al. (1999) hanno calcolato che i costi sociali dei danni dovuti agli agenti inquinanti sono pari al 7% del costo del ciclo di vita di un nuovo veicolo a benzine, mentre il valore sale a 120% del costo dei nuovi veicoli a motore Diesel. Una frazione importante degli inquinanti prodotti dai combustibili fossili proviene dalle attività agricole. Infatti, Mayeres et al. (Mayeres I, Proost S, Vandercruyssen D, Nocker L D, Panis L I, Wouters G, Borger B D. The external costs of transportation. 2001. Final report. Sustainable mobility program federal office for scientific, technical and cultural affairs, state of Belgium, prime minister’s services) hanno valutato che 40% della produzione mondiale di NOx proviene prevalentemente dalle attività agricole.

Posti i fatti indicati sopra, e prima di andare avanti con questa breve analisi, vanno affermati dei concetti chiave e semplici, difficili da confutare (non necessariamente esaustivi):
1- Non esiste un settore della nostra società moderna che non produce inquinamento.
2- Le fonti tecniche che producono energie rinnovabili passano in una fase produttrice di inquinanti, in particolare durante i processi di produzione iniziale dei vari elementi e alla fine del loro ciclo vitale qualora il riuso ed il riciclo non sono attuati.
3- Il passaggio da una società fondata sul Petrolio ad una fondata sulle Energie Rinnovabili, non potrà mai verificarsi in modo automatico, rapido e breve: esso necessita di una strategia capace di attuare cambiamenti (graduali, integrati e virtuosi), investimenti, formazione e conversione culturale.

Secondo molti autori (Granovskii et al., 2001; Moussazadeh, Bardi e El Asmar, 2009 – le fonti sono citate più avanti) il modo più rapido e semplice per ridurre l’inquinamento dovuto all’uso massiccio e incongruo dei combustibili fossili è quello di un intervento sul settore del trasporto privato (questo articolo non prende in considerazione il trasporto pubblico del quale abbiamo molto appreso grazie a Terenzio Longobardi): cioè sostituire (per quanto possibile) i veicoli convenzionali con motori a benzina o diesel, con veicoli a motore elettrico con energia fornita da batterie.

In un recentissimo studio in corso di pubblicazione (Hossein Mousazadeh, Alireza Keyhani, Hossein Mobli, Ugo Bardi,Ginevra Lombardi, Toufic el Asmar. Environmental assessment of RAMseS multipurpose electric vehicle compared to a conventional combustion engine vehicle. Journal for Clean Production (2009), Elsevier) abbiamo analizzato gli effetti ambientali dell’uso di un veicolo elettrico (in questo caso il veicolo RAMseS (www.ec-ramses.org)) comparandolo con un veicolo con motore a combustione interna (ICEV). L’analisi è stata eseguita applicando il “Lyfe Cycle Assessment – LCA” per la maggior parte dei processi implicati in entrambi i casi (RAMseS e convenzionale); per i veicoli abbiamo applicato una altro tipo di LCA ossia la metodologia Well-to-Wheel (dal pozzo alla ruota). Per il confronto abbiamo considerato il trattore modello John Deer 3120 da 40 CV (considerando che RAMseS a parità di coppia ha la stessa potenza). Abbiamo dimostrato che, rispetto ai veicoli ibridi e a quelli convenzionali, un veicolo elettrico a batterie alimentate da FER, presenta dei vantaggi notevoli sia dal punto di vista ambientale che economico. Questi vantaggi si mantengono anche se il veicolo elettrico è alimentato direttamente dalla rete elettrica. I risultati del nostro lavoro concordano benissimo con quelli di un altro svolto da Granovskii et al. (Granovskii M, Dincer I, Rosen M A. Economic and environmental comparison of conventional, hybrid, electric and hydrogen fuel cell vehicles. Journal of power sources. 2006; 159: 1186–1193).

Schema sistema RAMseS (Stand-Alone or On Grid)

L’analisi LCA prende in considerazione tutti i carichi e gli oneri ambientali associati ad un sistema, dall’acquisto delle materie prime grezze fino alla fine del suo ciclo vitale (fino alla posa in discarica e/o smaltimento). I maggiori elementi critici riscontrati sono:
A- Veicolo Elettrico: l’elemento inquinante è rappresentato dalle batterie, in particolar modo a fine ciclo; e se il loro smaltimento non rispetta le procedure richieste, si possono verificare rischi: emissione di piombo e arsenico – tuttavia esistono pochi dati in bibliografia; (figura 1)
B- Impianto Fotovoltaico (il sistema RAMseS è stand-alone alimentato da un sistema FV da 10kWp): gli elementi inquinanti sono rappresentati in particolare dai metalli pesanti, gas tossici ed emissione di gas serra (prima fase del ciclo di vita); (figura 1)

Figura 1
C- Veicolo ICEV: in questo caso a prescindere dal tipo di combustibile (diesel o benzina) gli elementi critici sono numerosi: Produzione di combustibile ed oli (lubrificanti), consumo e rifornimento di combustibile, impianto di emissione di inquinanti (marmitta per esempio), emissione di vapori, costruzione del veicolo, fine vita del veicolo; (figura 2)

Figura 2
Inoltre, l’analisi ha considerato le fasi di manutenzione e riparazione (numerosi nel corso della vita del veicolo) durante le quali si verificano perdite o immissione di inquinanti nell’ambiente (suolo, acqua, …) di migliaia di litri di oli bruciati, filtri, altri inquinanti (contenitori di plastica degli oli ad esempio, …). Non solo, rispetto ai veicoli elettrici, i veicoli convenzionali VMCI producono altri tipi di inquinanti come i rumori e le vibrazioni ed emettono nell’aria quantità importanti di articolati e prodotti estremamente fini con impatto negativo sulla salute delle persone e dell’ambiente.

Confronti produzione inquinanti tra RAMseS e ICEV

Il nostro lavoro dimostra il seguente:
- Le tecnologie di produzione di energia da fonte fossile (centrale elettrica ad olio, a petrolio, a carbone, ecc.) producono inquinamento durante tutte le fasi del loro ciclo vitale;
- Le tecnologie di produzione di energia da fonte rinnovabile (fotovoltaico, eolico, idroelettrico, ecc.) possono produrre inquinamento durante la prima e/o durante l’ultima fase del loro ciclo vitale;
- I veicoli con motore a combustione interna inquinano l’ambiente (aria, terra e acqua) e sono responsabili di molte malattie tediose e terminali;
- Alla stregua delle tecnologie FER, i veicoli elettrici possono essere inquinanti durante l’inizio o alla fine del loro ciclo di vita. In particolar modo le batterie. Tale impatto negativo potrebbe essere attenuato qualora si applicassero le regole di recupero, ri-uso e riciclaggio.

In conclusione:
Per quanto riguarda il trasporto privato, il rapporto di Greenpeace Germania (qualora fosse vera la fonte) è privo di qualsiasi consistenza scientifica; non esistono dati e/o riferimenti tecnici e bibliografici. L’autore si basa soltanto su convinzioni personali e con molta probabilità su una avversione verso i veicoli elettrici.
Forse con quella uscita Greenpeace Germania abbia voluto spingere di più verso una incentivazione del trasporto pubblico (tram, treno, …) ma ha completamente sbagliato strategia volendo colpire una tecnologia nata a metà dell’800 e che ha un futuro sempre più promettente sotto tutti i punti di vista.

Quando s'alza il vento

Buone notizie sul fronte dell’eolico. Dai dati provvisori disponibili sul sito di Terna S.p.A., nel 2008 in Italia, la potenza eolica installata è cresciuta sensibilmente fino a 3736 MW. I valori provvisori forniti da Terna per la produzione sono leggermente incongrui, in quanto la produzione annua di energia eolica sarebbe di 6.637.000 MWh, mentre la somma delle produzioni mensili fornisce un valore di 6.332.000 MWh. In attesa dei risultati definitivi, anche considerando il valore più basso, si tratterebbe comunque di un ottimo risultato. Infatti, il fattore di carico del parco eolico nazionale, corrisponderebbe a 1695 ore equivalenti, migliorando sensibilmente il dato del 2007 che, come avevo segnalato in un articolo precedente, era stato inferiore alle 1500 ore equivalenti. Questo fatto importante dimostrerebbe che la nuova potenza eolica installata è stata localizzata in siti più produttivi in termini di velocità del vento. Se consideriamo l’intero sistema elettrico nazionale, l’eolico oggi quindi produce circa l’1,8% del Consumo Interno Lordo, ma può crescere ancora sensibilmente. Secondo uno studio dell’Anev, l’associazione delle aziende eoliche italiane, il potenziale eolico italiano è di circa 16000 MW. Se le ore equivalenti rimanessero al valore attuale, avremmo una produzione potenziale di 16000 MW x 1695 h = 27.120.000 MWh = 27,1 TWh, cioè circa il 7% del Consumo Interno Lordo di energia elettrica. Se invece utilizzassimo prevalentemente i siti più ventosi (crinali e off-shore) e riuscissimo a conseguire un obiettivo di 2000 ore equivalenti, avremmo una produzione potenziale di 16000 MW x 2000 h = 32.000.000 MWh = 32 TWh cioè circa il 9% del Consumo Interno Lordo. La differenza, cioè 5 TWh, corrisponderebbe all'incirca all'energia prodotta da una centrale termoelettrica di 800 MW - 1000 MW. Per ottimizzare la producibilità energetica dall'eolico sarebbe però necessario applicare il regime dei certificati verdi esistente in Italia solo ai siti con maggiore intensità del vento (dalle 2000 ore equivalenti in su).
Per quanto detto, e considerando che la produzione di energia elettrica italiana da olio combustibile (derivato del petrolio) è attualmente pari al 6,3% del Consumo Interno Lordo, l’utilizzazione completa delle potenzialità eoliche italiane permetterebbe quindi di annullare del tutto la dipendenza da un combustibile fossile che sarà sempre più scarso in futuro a causa del raggiungimento del picco produttivo. Inoltre eviteremmo la costruzione di centrali a carbone al posto di quelle a olio combustibile per circa 4000 MW (cioè quattro centrali da 1000 MW), risparmiando l'emissione in atmosfera di circa 20 milioni di tonnellate di CO2, cioè quasi la riduzione richiesta dal protocollo di Kyoto per le emissioni del settore elettrico italiano (e il 20% di quelle del settore energetico nel suo complesso).
Per il conseguimento della potenza massima indicata deve però essere risolto un problema non marginale, cioè la compatibilità della produzione intermittente di energia eolica con la rete elettrica nazionale. Le possibili soluzioni, messe confronto con le strategie di altri paesi europei, sono contenute in un brillante articolo di Eugenio Saraceno, sempre su questo blog.
Concludendo, l’eolico convenzionale può dare un importante ma non risolutivo contributo alla produzione di energia elettrica nazionale, ha un valore tattico ma non strategico nelle politiche energetiche nazionali. In prospettiva è necessario ricercare e sperimentare soluzioni in grado di superare i limiti dell’attuale tecnologia descritti in precedenza. Un modo efficace per risolverli potrebbe essere il progetto dell’eolico di alta quota Kitegen.

giovedì, febbraio 12, 2009

Un pezzo di ASPO Italia a Bruxelles

Il Martedi sera sono stato a Bruxelles, invitato alla cerimonia annuale organizzata dalla Commissione Europea nell'ambito del Sustainable Energy Europe Campain (http://www.sustenergy.org/). Si tratta di un evento annuale durante il quale la Commissione Europea, Direzione Energia, premia i 6 migliori progetti sull'efficienza energetica, l'uso intelligente dell'energia e la sua sostenibilità ambientale. Due volte all'anno, la Commissione Europea, nell'ambito del programma Intelligent Energy Europe (http://ec.europa.eu/energy/intelligent/index_en.html) pubblica dei bandi (il prossimo esce verso fine marzo) per la presentazione di proposte di progetto sull'Energia.
Quest'anno ci sono state 5 nominations Italiane, tutte incluse nella strategia congiunta del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del mare. Una delle nomination ha vinto il premio. Si tratta del Consorzio Produttori Agricoli Acque Minerali Umbre (AMU), il cui Presidente è il Dr. Agronomo Renato Cami. Il premio era stato ritirato dal Dr. Cami e dal nostro Associato e amico il Dr. Giovanni Mastino (nella foto). Il consorzio AMU, insieme alle sue associate, è da anni impegnato nel settore dell'agroenergetico. Il progetto si affida ad un Distretto Agricolo Energetico Territoriale al quale partecipano i vari attori locali, pubblici e privati, coinvolti nella filiera agroenergetica. Ciascun territorio del distretto, è caratterizzato dalle proprie risorse naturali, grazie alle quali può ottenere energia pulita. Ciascun territorio sempre nell'ambito del Distretto, produce, trasforma e consuma energia, attraverso le risorse agroforestali locali. Il risultato è risparmio economico, occupabilità, tutela dell'ambiente. Il Distretto ha lo scopo principale di migliorare la coesione e la collaborazione locale rendendo così più condiviso ed efficiente la gestione del sistema

A dire la verità, Giovanni non l'ho mai conosciuto personalmente. Durante il buffet post premiazioni, mi ero presentato a lui e al Dr. Cami. Allora Giovanni mi ha sorriso dicendomi il suo nome .. è stato una gran bella coincidenza ritrovarci lì.

A lato dell'evento devo ammettere che sono stato particolarmente sorpreso dalle politiche poco coerenti della CE. Accanto al palazzo di Governo della Commissione, c'è un'altro altrettanto alto (non ho contato i piani) tutto occupato proprio dal programma Sustainable Energy Campain. E' un palazzone di vetro, quasi sempre illuminato e riscaldato. A mio parere c'era poco risparmio energetico o efficienza, ma non posso giudicare dato che non so che tipo di sistema di riscaldamento/raffreddamento usano .. tuttavia dubito che sia solare.

Una cosa interessante a Bruxelles è l'illuminazione stradale, almeno le strade che avevo visitato: erano quasi tutti illuminati con lampioni a led.

Per quanto riguarda il trasporto, Bruxelles, malgrado un ottimo sistema di Metropolitana, e almeno nelle ore di punta era intasata dal traffico. Ieri, andando verso l'aeroporto Charleroi c'era una coda di ben 10 Km ... pazzesco. Tuttavia oltre ai parchi eolici ho visto accanto all'aeroporto un palazzo (foto in basso) sul tetto del quale c'era due rotori eolici verticali funzionanti alla grande; di sicuro alimentano il fabbisogno del palazzo stesso.


Darwin: il primo scienziato dei sistemi complessi

Una certa visione tradizionale dell'evoluzione darwiniana la vede come un processo di progressiva crescita da forme "primitive" verso forme "superiori". Spesso, si considera l'uomo (l'uomo bianco) come la creatura in cima a questa piramide di perfezione. Questa visione è lontanissima da quello che Darwin pensava e proponeva.


Ricorre oggi il bicentenario della nascita di Charles Darwin. Dopo tanti anni, stiamo ancora scoprendo nuove conseguenze della sua grande intuizione: quella che lui aveva chiamato "evoluzione per selezione naturale". Una visione che era il primo tentativo di esaminare scientificamente quello che oggi chiameremmo un "sistema complesso": la biosfera terrestre, tuttora probabilmente il sistema più complesso che conosciamo. Darwin non sapeva niente di biologia molecolare, eppure la sua ipotesi si è rivelata perfettamente compatibile con tutto quello che sappiamo in biologia. Darwin è stato veramente un pilastro della scienza moderna.

Uno dei suoi pochi errori fu quello di aver usato il termine "evoluzione". "Adattamento" sarebbe stato più appropriato (meglio ancora "omeostasi adattativa"), per descrivere le variazioni delle specie in funzione del tempo. Sfortunatamente, il termine "evoluzione" è stato costantemente interpretato nel senso di "progresso", ovvero come se le specie terrestri avessero percorso una lunga strada verso una sempre maggiore perfezione formando una piramide sul cui vertice stava, miracolosamente, l'uomo e - secondo alcuni - l'uomo bianco.

Non c'è bisogno di dire che questa interpretazione è completamente falsa. Non esiste una graduatoria di perfezione fra gli esseri viventi. Tutti hanno percorso strade della stessa lunghezza e sono altrettanto adatti a sopravvivere nelle condizioni in cui vivono. Giustificare l'odio razziale e gli stermini di massa degli ultimi secoli sulla base delle idee di Darwin è stato, e resta, solo una perversione del pensiero di un uomo che sarebbe rimasto sicuramente disgustato se avesse potuto vedere quello che è stato perpetrato in suo nome.

La storia delle idee di Darwin è quella di una lentissima penetrazione nel pensiero comune che, a tutt'oggi, non è ancora completa. In effetti, Darwin ha subito periodiche demonizzazioni ideologiche a partire dal famoso dibattito di Thomas Huxley con il vescovo Wilberforce nel 1860. Per molti versi, il dibattito sull'evoluzione riecheggia quello che è successo al lavoro dei "Limiti dello Sviluppo" del 1972 e a quello che sta succedendo alla scienza del clima oggi. La demonizzazione politica è il destino di ogni idea che forza la società a un cambiamento. Come se fosse un essere vivente, la società riconosce le nuove idee come un virus pericoloso e reagisce scatenando una reazione immunitaria che cerca di distruggerle.

Forse un giorno riusciremo a integrare nel nostro modo di pensare e nella struttura della società anche queste idee "pericolose" (come Daniel Dennett ha definito quelle di Darwin). Non ci riusciamo ancora completamente, ma la loro persistente vitalità ci da una speranza per il futuro.