lunedì, aprile 09, 2007

Lettera a Varvelli

Riceviamo da Franco Galvagno, e pubblichiamo con il suo permesso, questa lettera che ha scritto a Riccardo Varvelli a proposito del recente libro "Petrolio e dopo?"

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Gentile prof. Varvelli,

sono uno studente lavoratore interessato alle problematiche ambientali. Ho letto sul sito del Politecnico del suo corso di

Sistemi produttivi e fabbisogni energetici (01LGBIZ)

Obiettivi dell'insegnamento


Finalita' del corso: Mettere il partecipante in condizioni di affrontare le eventuali prossime e probabili crisi energetiche che possono mettere in difficoltà qualunque sistema produttivo. Sviluppare nel partecipante la coscienza e la conoscenza dell'importanza prioritaria del risparmio energetico.


Quello che Le chiedo è un aiuto per individuare il trait-d'union tra i contenuti di questo corso con quelli del libro "Petrolio e dopo?".

Da una parte si intende "affrontare le eventuali prossime e probabili crisi energetiche "; dall'altra si sdrammatizza sul picco del petrolio e degli idrocarburi, sostenendo che il modello di sviluppo attuale continuerà come tale ancora per tutto il XXI secolo e per diversi decenni del XXII, per poi cedere il testimone alle energie rinnovabili.

In base alle più accreditate (e imparziali) notizie sui giacimenti di idrocarburi, si evince che la crescente domanda sarà disattesa già nei prossimi anni (orizzonte 2012), in quanto la velocità di sviluppo dei nuovi giacimenti è sempre minore (per le ragioni tecnico-economiche che conosce).

Alcuni concetti da Lei enunciati letteralmente:

- "approccio esageratamente ideologico e pessimistico con il quale si affronta questo importante problema"

L'approccio dominante è, invece, indifferente o iperpositivista, e inneggia all'impossibile (nel senso matematico del termine) modello di "crescita infinita"

- "le brutte notizie rendono (dal punto di vista delle copie vendute) più delle belle"

FALSO. L'uomo medio si spaventa facilmente e tende ad evitare/rimuovere ciò che mette in dubbio stili e comportamenti cui è abituato

- "Sono un vecchio professore del Politecnico di Torino"

FALSO. Ad essere vecchio non è Lei ma le idee che espone nel suo libro

- "mi sono stancato di sentir fare incredibili affermazioni da presunti esperti petroliferi, ritenendomi anche io un esperto della materia presunto perlomeno quanto loro"

Se ritiene Marion King Hubbert, Colin Campbell, Ali Morteza Bakhtiari dei "presunti" esperti petroliferi, potrebbe proficuamente leggere le loro biografie. Lei a mio avviso è più un esperto di "management" e "gestione del potenziale dirigenziale", argomenti fortementi disaccoppiati dalla questione Peak Oil.


Dalla recensione dell'Editore:

- "Per tutto il XX secolo gli allarmi sulla fine del petrolio sono stati lanciati con cadenza regolare: già negli anni '50 e poi negli anni '70 numerose voci si sono levate a sostenere che la fine era vicina"

IMPRECISO. Negli anni '50 Hubbert ha previsto (a distanza di 25 anni) la crisi petrolifera degli anni '70, legata al peak oil Usa. Il picco del 2006, anch'esse previsto decenni prima ed osservato attualmente, comporterà un'altra crisi (dalle implicazioni più incerte e sfumate, essendo ora un problema globale). Non si parla di "fine del petrolio", non è interessante pronosticare quando e se l'ultima goccia verrà estratta.


- "da una parte coloro che prevedono un rapido esaurimento del petrolio - e quindi la necessità di iniziare da subito a sostituirlo con fonti energetiche rinnovabili - e dall'altra coloro che ritengono che ci sia ancora tempo e che la transizione alle altre fonti sarà lenta e progressiva"

Il concetto di "esaurimento" non è interessante, come scritto sopra. Sul fatto che ci sia molto tempo ci sono forti dubbi; finchè ci si riferisce a criteri di pura convenienza economica il risultato sarà di continuare a usare pesantemente i combustibili fossili, fino a trovarsi (ad un certo punto) nella situazione opposta, in cui si dovrà "switchare" in poco tempo su un forte contributo rinnovabile, ma la fattibilità sarà difficile o compromessa

- "grazie alle nuove tecnologie di estrazione - che rendono possibile lo sfruttamento dei giacimenti più difficili da raggiungere - di petrolio ce n'é e ce ne sarà ancora per tutto il XXI secolo e per una buona parte del XXII. Nel frattempo esso sarà sostituito progressivamente dal gas naturale prima ancora che dalle fonti energetiche rinnovabili"

BIZZARRO. Il petrolio da scisti bituminosi e compagnia ha un EROEI molto più basso... come risultato il picco sarà di poco perturbato, con leggero scodamento a dx. Ancora: di petrolio ce ne sarà anche nel 2500, ma l'effetto della diminuzione dei flussi, combinato con la crescente richiesta sta per farsi sentire ora. Il picco del gas naturale è posticipato rispetto a quello del petrolio, ma non di 100 o 200 anni, bensì di 1 o 2. Il passaggio fossile ==> rinnovabile non sarà un gioco da ragazzi, in qualunque modo si configurerà.


Come Lei dice dobbiamo tenerci lontani dallo sterile catastrofismo per affrontare il problema energetico.

Allo stesso modo dobbiamo sfuggire al puerile facilismo e infantilismo. Questo può avere la sua "giustificazione" solo nella paura che l'uomo ha di cambiare i suoi stili di vita, qualunque sia la sua "classe sociale". Più la classe è alta, più cresce la paura di perdere le "facilities" e più si getta acqua sul fuoco.

Per le classi medio-basse, si tende più a ignorare il tutto e a lasciarsi "coccolare" dalle rassicurazioni dei media.


Cordiali saluti,

Franco Galvagno




2 commenti:

Anonimo ha detto...

Hu hu hu... beccato!
Evidentemente il prof è davvero un esperto di management, e anche di marketing.
Sa vendere al colto e all'inclita: allo studente universitario impegnato e concerned sulle sorti energetiche, un bel corso sulla fine del petrolio; al cittadino bisognoso di rassicurazioni un bel libro sulla sovrabbondanza dello stesso.

Siamo noi a non essere poi veri italiani, comincio a sospettare.

Halley Fire ha detto...

"Il picco del gas naturale è posticipato rispetto a quello del petrolio, ma non di 100 o 200 anni, bensì di 1 o 2" Credo (spero!) che qui ci sia un refuso.