giovedì, novembre 02, 2006

Solare termico a concetrazione: una vera soluzione?

In un numero di "Report" apparso su RAI 3 il 29 Ottobre, abbiamo avuto una descrizione molto ottimistica, addirittura trionfale, del concetto di produrre energia elettrica mediante solare a concentrazione. Il metodo utilizza specchi per riscaldare un fluido il quale, a sua volta, aziona una turbina o un altro tipo di motore termico.

Il concetto di solare termico a concentrazione è stato dimostrato più volte nel passato, ma forse le cose non sono così semplici e vantaggiose come la trasmissione di Report ha fatto apparire. Su questo argomento, vediamo un commento da parte di Domenico Coiante, uno dei maggiori esperti di energia rinnovabile in Italia. Coiante è autore, fra le altre cose di "Le Nuove Fonti di Energia Rinnovabile, Tecnologie, costi e prospettive" Franco Angeli Editore - 2004


_______________________________________________________________


Commenti alla Trasmissione RAI Report 29/10/06
D. Coiante – 30/10/06

1. Contrariamente a quanto affermato, il progetto Archimede non ha nulla di originale nella concezione impiantistica. La linea tecnologica detta parabolic trough, a cui appartiene, è stata messa a punto negli USA a partire dagli anni ’80 e conta oggi in California a Junction Kramer nel deserto del Mojave 354 MW elettrici di impianti in funzione da almeno 10-20 anni. L’efficienza media di trasformazione della radiazione solare in elettricità nelle condizioni ottimali del deserto della California è pari al 12%, valore che, pur in quelle condizioni climatiche favorevoli, non consente ancora di raggiungere la competitività economica del costo del kWh.

2. Negli anni ‘80-’84 ad Almeria in Spagna è stata provata la stessa tecnologia da parte della UE in un impianto da 500 kW elettrici, su cui sono ancora in corso esperimenti condotti dalla Spagna. Nelle condizioni climatiche di Almeria, l’impianto ha ottenuto un’efficienza pari al 7-8% e di conseguenza la distanza dalla competitività è molto più grande che negli USA.

3. Quella che è stata sbandierata nella trasmissione televisiva come una novità ideata da Rubbia è la sostituzione dell’olio diatermico, usato come fluido termico primario negli impianti USA, con una miscela di nitrati di sodio e potassio mantenuti fusi al di sopra di 290 °C. La verità storica è che questa stessa soluzione fu messa a punto ed adottata nei primi anni ’90 nell’impianto USA Solar Two a torre centrale e specchi, realizzato a Barstow in California ed in funzione fino ad oltre il 2000. Quindi l’idea dell’accumulo termico in sali fusi non è affatto originale del Progetto Archimede, ma copiata di sana pianta da Solar Two.

4. I dati pubblicati da Archimede della possibilità di ottenere efficienze medie complessive del 17-20% sono molto discutibili per le seguenti ragioni. La temperatura più alta a cui si può portare la miscela di sali fusi è di 550 °C, perché al di sopra di tale temperatura sorgono problemi di sicurezza (i sali fusi possono esplodere). Stante questa temperatura limite, la macchina termica ideale di Carnot lavora tra 290 e 550 °C e quindi il rendimento teorico massimo ottenibile è pari al 31.6%. Una macchina termica reale posta a lavorare tra le stesse temperature potrà in pratica raggiungere il 70% del limite di Carnot e di conseguenza il rendimento del gruppo turbina alternatore potrà al massimo raggiungere in pratica un’efficienza del 22%. Se si considera che l’efficienza termica complessiva (captazione degli specchi, raccolta nel fluido primario, trasferimento del calore nei serbatoi di accumulo, ecc) è un dato misurato su tutti gli impianti che si aggira intorno al 45-50%, si ottiene immediatamente un rendimento complessivo di trasformazione dalla radiazione solare all’elettricità in uscita che vale circa 11%. Cosa che è confermata dai dati sperimentali di tutti gli impianti in funzione.

5. L’unica novità che si può riconoscere al Progetto Archimede è l’uso di una particolare vernice fotoassorbente di brevetto ENEA (e non Rubbia) da spalmare sui tubi ricevitori in modo da poter catturare più energia solare, potendo così raggiungere a parità di concentrazione della luce una temperatura più alta del fluido primario. Come si è visto però la temperatura massima è fissata dalle condizioni di sicurezza a 550°C e questa soluzione potrà garantire l’ottenimento di questa temperatura con una maggiore facilità, ma essa è ininfluente sul rendimento il cui valore dipende solo dal valore della temperatura massima.

6. All’ENEA Casaccia a Roma è in funzione da qualche anno una sezione prototipo del Progetto Archimede sulla quale si sta sperimentando l’assemblaggio delle diverse tecnologie mutuate dagli impianti parabolic trough californiani con l’aggiunta dei famosi sali fusi e della vernice fotoassorbente. La trasmissione Report ha completamente ignorato questa realtà, preferendo attribuire all’ENEL il progetto di un prototipo montato presso Priolo, che “sta li ad arrugginirsi nel piazzale”. Poteva essere interessante conoscere i risultati della sperimentazione ENEA, visto che tale attività è proseguita tranquillamente dopo l’uscita di Rubbia. Non è vero pertanto che si fa tutto in Spagna e niente in Italia.

7. A proposito della normativa italiana che ha trascurato di mettere nell’elenco degli impianti incentivabili quelli solari termoelettrici, ci sarebbe molto da discutere. Infatti, bisogna dire che lo stato di questa tecnologia e le condizioni climatiche di insolazione delle nostre regioni sono molto diverse e più sfavorevoli di quelle della Spagna meridionale. Esiste inoltre in Italia un obiettiva differenza nella disponibilità di siti adeguati ai grandi impianti, cosa che è assente nella Spagna meridionale. Non è vero che in Sicilia c’è la stessa quantità di sole che nell’Andalusia. Nelle nostre regioni la quantità di radiazione solare diretta è molto minore di quella andalusa e, purtroppo, gli impianti solari a concentratori paraboloidi rispondono soltanto alla componente diretta e non a quella diffusa. Questo innegabile svantaggio porta come conseguenza che per la tecnologia parabolic trough la possibilità di raggiungere la competitività in Italia è praticamente inesistente. Lo stesso Rubbia nell’intervista televisiva ha brillantemente evitato l’argomento passando a parlare di installazione di grandi impianti nel deserto del Sahara. E’ infatti li che si può sperare di ottenere la competitività. Pertanto è molto discutibile il fatto di mettere fondi pubblici a incentivare una tecnologia di cui non esistono esempi in Italia e che nel migliore dei casi dovrà essere applicata nel Nord Africa, ripetendo così nel solare i rischi connessi alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico che oggi affligge il sistema italiano.




/

3 commenti:

falchetta_m ha detto...

Una risposta ai Commenti alla Trasmissione RAI Report 29/10/06 di D. Coiante – 30/10/06

Massimo Falchetta - 4/01/2007

Ho recentemente letto i commenti del dr. Coiante, cui gradirei rispondere, avendo una conoscenza diretta della materia trattata. Nel commento di Coiante emerge chiaramente una “vis polemica” tesa a individuare i punti deboli di un progetto che, per varie ragioni, viene periodicamente trattato sui media con modalità strumentali.
A mio avviso vedremo l’emergere di una serie di tecnologie e di ambiti applicativi piuttosto che di “monoculture” tecnologiche. Dobbiamo inoltre imparare dagli errori. Se guardiamo all’evoluzione della tecnologia energetica italiana negli ultimi 30 anni possiamo notare – almeno personalmente noto, da un osservatorio per alcuni aspetti privilegiato come è quello ENEA – come l’aspetto dominante sia stato la forte penetrazione dell’impiego di gas naturale sia per usi civili che industriali che per la produzione elettrica, tutto sommato senza grande clamore o polemica; mentre sia la tecnologia nucleare che le fonti rinnovabili sono sostanzialmente “rimaste al palo” o hanno come minimo avuto una performance molto inferiore alle aspettative, pur avendo eccitato le maggiori discussioni, con atteggiamenti spesso e volentieri di tipo francamente fratricida (per esempio, eolico contro fotovoltaico o viceversa). Contemporaneamente, l’Italia ha perso sempre più importanza come sviluppatore di tecnologia e risulta sempre più un importatore, vuoi di combustibili vuoi di tecnologia; ciò non può non avere effetti sull’ apparato industriale e quindi sull’occupazione.
In definitiva, quindi, piuttosto che dedicarsi a smontare o sminuire progetti è forse il caso di dedicarsi a coltivare tecnologie che possano avere o un impatto energetico o un impatto industriale (e possibilmente entrambi). Ora vengo al merito tecnico dei punti sollevati.

1. Contrariamente a quanto affermato, il progetto Archimede non ha nulla di originale nella concezione impiantistica ....

Questa affermazione è discutibile, nel senso che è discutibile quale sia il grado di originalità che si dovrebbe perseguire in un progetto di innovazione. La Nuova Punto è “originale” ? Possiede 4 ruote, un motore a combustione interna etc., nulla di veramente nuovo; però anche su di essa la Fiat si è rilanciata, e non è poco. Nel campo della tecnologia non si tratta di vincere premi Nobel, benchè l’idea base nel caso in esame sia comunque “anche” frutto di un premio Nobel; e sottolineo quell’“anche” in quanto in Italia la discussione sulla tecnologia solare termodinamica è stata troppo personalizzata, nel bene e nel male, sulla figura di Rubbia.

2. Negli anni ‘80-’84 ad Almeria in Spagna è stata provata la stessa tecnologia da parte della UE in un impianto da 500 kW elettrici.....

Spesso ci si riferisce a esperimenti falliti che non hanno in realtà valore probatorio. Non so a quale impianto si riferisca Coiante, ma ad Almeria continuano a studiare il solare a concentrazione e in Spagna a sviluppare varie linee tecnologiche a concentrazione, sia con “parabolic trough” che con torri solari. Si potrebbe allora anche citare Adrano come esempio ancor più fallimentare; ma è chiaro che un esempio negativo non è necessariamente una dimostrazione, ma tutt’al più un caveat.

3. Quella che è stata sbandierata nella trasmissione televisiva come una novità ideata da Rubbia è la sostituzione dell’olio diatermico, usato come fluido termico primario negli impianti USA, con una miscela di nitrati di sodio e potassio mantenuti fusi al di sopra di 290 °C. La verità storica è che questa stessa soluzione fu messa a punto ed adottata nei primi anni ’90 nell’impianto USA Solar Two a torre centrale e specchi, realizzato a Barstow in California ed in funzione fino ad oltre il 2000. Quindi l’idea dell’accumulo termico in sali fusi non è affatto originale del Progetto rchimede, ma copiata di sana pianta da Solar Two.

Anche qui si tratta di una querelle sul bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Non si tratta di giudicare se questo tipo di tecnologia meriti il “premio Nobel dell’energia solare”. D’altro canto è fuori dubbio che l’idea di usare sali fusi in sistemi a collettori parabolici è stata comunque seriamente studiata e sperimentata per la prima volta dal’ENEA, su impulso di Rubbia. Per inciso, la realizzabilità impiantistica di tale idea non affatto è scontata. Volendo quindi criticare, si può dire sia che è un’idea vecchia, o all’opposto e con maggiore aggio che è un’idea impraticabile. E’invece più produttivo provare a realizzarla. Posso aggiungere che ricercatori fra i più quotati, fra cui Henry Price dell’NREL e David Kearney, estensore di uno dgli studi più citati sulle prospettive della tecnologia solare termodinamica a concentrazione, l’ Assessment of Parabolic Trough and Power Tower Solar Technology Cost and Performance Forecast – Sargent&Lundy SL-5641 – preparato per il DOE, maggio 2003, hanno propugnato tale idea a partire da una data imprecisata fra 2000 e il 2003, come tecnologia secondo loro vincente in termini di minor costo dell’energia. Si potrebbe approfondire la questione per capire chi ha copiato da chi, ma si converrà che l’interesse concreto in una simile attività è praticamente zero. Posso solo dire che durante un seminario congiunto ENEA-NREL svoltosi lo scorso ottobre 2006 questi ricercatori si siano complimentati con noi per il fatto che “finalmente qualcuno ha iniziato a percorrere in pratica questa strada”, e nessuno si sia sognato di andare a disquisire su primogeniture di sorta.

4. I dati pubblicati da Archimede della possibilità di ottenere efficienze medie complessive del 17-20% sono molto discutibili per le seguenti ragioni. La temperatura più alta a cui si può portare la miscela di sali fusi è di 550 °C, perché al di sopra di tale temperatura sorgono problemi di sicurezza (i sali fusi possono esplodere). Stante questa temperatura limite, la macchina termica ideale di Carnot lavora tra 290 e 550 °C e quindi il rendimento teorico massimo ottenibile è pari al 31.6%....

Prima di tutto, la temperatura limite di impiego dei sali fusi è dell’ordine di 600 °C, ben al di sopra della temperatura operativa presecelta, pari a 550 °C; sopra la temperatura limite non vi è inoltre pericolo di esplosione, bensì di semplice “dissociazione” dei sali, con effetti potenzialmente dannosi ma non catastrofici. Nel caso specifico di Priolo il ciclo termodinamico opera su acqua, fra le temperature di 538 °C e 238 °C; è rispetto a queste temperature che va calcolato il rendimento di Carnot, risultando pari a 37 %. Nel caso specifico tale calcolo però è fuorviante in quanto il vapore va a confluire in un impianto a ciclo combinato che opera fra 538 °C e la temperatura di condensazione dell’acqua. Il rendimento elettrico netto calcolato per la parte solare di Priolo è 17.3 %. Si tratta di calcoli realizzati tramite modelli di simulazione e codici abbastanza consolidati, quali GATECYCLE per la parte a vapore, e assumendo i dati “diprogetto” per la parte solare. Nel caso di un impianto tutto solare il rendimento sarebbe un pò inferiore, ma comunque superiore a quello di impianti, come quelli di Kramer Junction, che hanno temperature massime di vapore dell’ordine di 380 °C. Non ci si può comunque riferire a impianti progettati e realizzati quasi 30 anni fa per mettere in dubbio sviluppi attuali. Anche rifacendo oggi un impianto a olio come Kramer Junction si potrebbe conseguire agevolmente un aumento di rendimento, per il semplice fatto che sia gli specchi che i tubi ricevitori attuali hanno migliori caratteristiche; per esempio i collettori SKAL-ET di ultima generazione installati dalla Flagsol a Kramer Junction hanno totalizzato nel 2004 un maggiore rendimento del 14% rispetto al modello precedente LS-3.

5. L’unica novità che si può riconoscere al Progetto Archimede è l’uso di una particolare vernice fotoassorbente di brevetto ENEA (e non Rubbia) da spalmare sui tubi ricevitori ......

Si tratta di un rivestimento selettivo (coating) depositato tramite una tecnica chiamata sputtering, e non di una “vernice da spalmare sui tubi”. La tecnologia per la realizzazione industriale di tali rivestimenti attualmente è disponibile solo in Germania (Schott) in Israele (SOLEL) e, appunto, in Italia (ENEA). Il coating ENEA è attualmente quello progettato per raggiungere le più elevate temperature. Inoltre in seguito all’attività di R&S compiuta a partire dal 2000, di brevetti ne sono già stati prodotti una decina, non solo relativamente al coating ma anche ad altri aspetti dei collettori e dell’impiego di sali fusi.

6. All’ENEA Casaccia a Roma è in funzione da qualche anno una sezione prototipo del Progetto Archimede sulla quale si sta sperimentando l’assemblaggio delle diverse tecnologie mutuate dagli impianti parabolic trough californiani con l’aggiunta dei famosi sali fusi e della vernice fotoassorbente .... La trasmissione Report ha completamente ignorato questa realtà, preferendo attribuire all’ENEL il progetto di un prototipo montato presso Priolo, che “sta li ad arrugginirsi nel piazzale”. Poteva essere interessante conoscere i risultati della sperimentazione ENEA, visto che tale attività è proseguita tranquillamente dopo l’uscita di Rubbia. Non è vero pertanto che si fa tutto in Spagna e niente in Italia.

Sostanzialmente vero all’epoca della trasmissione, anche se recentemente l’ENEL ha rinnovato la volontà di procedere a realizzare una prima sezione da 5 MWe; c’è stato forse anche un difetto di comunicazione tecnica da parte ENEA, pur se almeno da un anno è disponibile su web un rapporto di circa 40 pagine, abbastanza esaustivo, che riporta anche alcuni dati sulla sperimentazione condotta fino al 2005 http://www.enea.it/com/solar/doc/csp.pdf . Anche in questo commento traspare comunque una querelle che rischia di sviare il discorso dal vero obiettivo su cui puntare, che è quello di metter in pista anche in Italia la tecnologia e il lavoro italiano. La Spagna ha intrapreso con decisione uno sviluppo delle fonti rinnovabili e fra le altre cose nel 2004 ha messo in campo una legge che finanzia in conto energia il solare, sia fotovoltaico che termodinamico. Come effetto, circa 1000 MW di impianti a concentrazione sono attualmente programmati da varie utilities. Fra questi, degne di note 4 centrali da 50 MW, chiamate AndaSol, con collettori a olio e accumulo a sali fusi - la prima unità è in costruzione a Guadix - realizzate dal consorzio Cobra-Solar Millennium (ispano-tedesco). I collettori per ora sono previsti a olio in quanto i coating disponibili industrialmente o resistono solo fino a 400 °C o presentano perdite ad alta temperatura troppo elevate. Poco tempo dopo l’inaugurazione di questa legge spagnola Rubbia veniva defenestrato dal governo in carica, per cui ha avuto l’idea sicuramente non criticabile di cambiare aria, guardacaso recandosi proprio in Spagna. Quindi, non divinizzaimo nè demonizziamo Rubbia. Si può stare sicuri che appena possibile anche tedeschi e spagnoli useranno i sali nei collettori senza grandi discussioni, magari acquistando brevetti in Italia. Quindi si tratta solo di vedere chi fra gli europei riescirà ad ottenere i maggiori vantaggi in termini energetici, ambientali ma anche industriali dalle nuove tecnologie solari. Non si può non capire che l’industria solare sarà un business per i paesi che riusciranno a mettere in piedi una politica efficace e attuarla rapidamente, piuttosto che perdere energie in polemiche.

7. A proposito della normativa italiana che ha trascurato di mettere nell’elenco degli impianti incentivabili quelli solari termoelettrici, ci sarebbe molto da discutere. Infatti, bisogna dire che lo stato di questa tecnologia e le condizioni climatiche di insolazione delle nostre regioni sono molto diverse e più sfavorevoli di quelle della Spagna meridionale .....

L’ottica del ragionamento va un pò allargata. Perchè i tedeschi hanno incentivato in conto energia gli impianti solari fotovoltaici, quando è evidente che in Germania il sole non splende gran chè ? Perchè volevano sviluppare una tecnologia del futuro da esportare a breve termine; infatti ora acquisiranno una grande quantità di ordinativi dal nascente mercato fotovoltaico italiano. Gli incentivi si danno a una tecnologia che non è ancora competitiva, non a una tecnologia che è già competitiva. Se l’incentivo è, giustamente, in conto energia, è l’imprenditore o l’utente finale che giudica se l’incentivo è sufficiente o no, in base a criteri di mercato. Si dovrebbe abbandonare la visione strettamente programmatoria del passato, per cui i tecnici cercavano di prevedere “a tavolino” quale potrà essere la soluzione migliore fra 20 anni. Quindi non vedo nulla di scandaloso introdurre un incentivo in conto energia per il solare termodinamico almeno pari a quanto praticato in Spagna , attualmente dell’ordine di 20 €cent/kWh per 20 anni. Teniamo conto che l’incentivo per il fotovoltaico è più che doppio. Scommettiamo che, quando tale incentivo venisse introdotto, gli spagnoli e i tedeschi verrebbero a investire anche in Italia, come hanno già fatto con l’eolico ? L’unico ragionamento saggio in merito è quello di essere abbastanza furbi da coordinare le politiche in modo che dagli incentivi tragga vantaggio anche l’industria nazionale, in ciò imparando dai nord-europei che i loro affari li sanno fare molto meglio di noi. Il vero rischio nel non prevedere incentivi adeguati è che, magari, si faccia solo la prima tranche di Archimede da 5 MW, ottenendo un vantaggio mediatico per ENEL, e poi ci si fermi lì. Allora si che si saranno buttati via i soldi. Perchè è vero che il grosso del mercato per questo tipo di impianti è nel Nord Africa (ma non solo, si sta affacciando anche la Cina); ma se non si arriva a un minimo di base installata in casa non si può pretendere di andare a insegnare agli altri con vantaggi per l’export tecnologico. Il caso tedesco è particolare in quanto questo percorso è iniziato direttamente come collaborazione ispano-tedesca. Già da alcuni anni il Ministrero dell’Ambiente tedesco considera scenari di riferimento al 2050 in cui si arrivi a importare in Europa ben 450 miliardi di kWh/anno (450 TWh/anno) da impianti di questo tipo installati in Nord Africa, tramite collegamenti elettrici trans-mediterranei con cavi ad altissima tensione. Il più recente studio in merito è scaricabile: http://www.dlr.de/tt/trans-csp. Solo la Germania dovrebbe contribuire con una importazione di 80 TWh/anno. Senza considerare che la sponda sud del Mediterraneo a quell’epoca consumerà probabilmente più energia della sponda nord, visti i tassi di crescita demografica. La giustificazione di un simile atteggiamento è che poichè il problema della CO2 è un problema globale, l’ubicazione geografica degli impianti è indifferente rispetto al bilancio delle emissioni. Quindi, se arriveremo a importare più elettricità “verde” e meno gas avremo comunque un bilancio delle emissioni più favorevole. Se “disturba” l’idea di importare energia elettrica, si può anche dire che aumentando la quota solare nella sponda Sud creiamo un maggior margine per continuare a importare e bruciare gas nella sponda Nord.

Anonimo ha detto...

Il rendimento di Carnot è 1-Tmin/Tmax,
la T min è la temperatura della sorgente inferiore. Se la sorgente fredda è ad esempio il mare, il condensatore può tranquillamente lavorare a 35°C; se invece è l'atmosfera e si usano torri evaporative si sale mettiamo fino 50°C:
=>eta-Carnot=1-(50+273.15)/(550+273.15)
eta_Carnot=0,607
quindi il rendimento massimo teorico è circa il 61% e non il 31.6%.
Partendo da ipotesi false o sbagliate si possono far passare per vere tutte le bugie che vogliamo.
Questo per evidenziare la validità e la credibilità delle affermazioni del dr. Coiante.
Forza professor Rubbia, continui a lottare, finché c'è sole c'è speranza.

Anonimo ha detto...

Renzo Riva
Via Avilla, 12/2
33030 Buja - UD

renzoriva@libero.it
349.3464656

Energia e Ambiente
Nuovo PSI
Friùli Venezia Giulia
e
referente C.I.R.N. Friùli Venezia Giulia (Comitato Italiano Rilancio Nucleare)



http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=117&id_art=4772&aa=2008

LA POLEMICA SUL NUCLEARE TRA VERONESI E RUBBIA

di Giorgio Prinzi

Polemica inconsueta per il mondo accademico italiano quella nata tra i professori Umberto Veronesi e Carlo Rubbia, con uno strascico di interventi tra cui quelli dell´ingegner Paolo Fornaciari, Presidente del Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare, dei professori Enzo Boschi, Presidente dell´Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, e Roberto Petronzio, Presidente dell´Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, del dottor Fabio Pistella, per anni Direttore Generale dell´Enea, oggi presidente del Centro Informatico della Pubblica Amministrazione. Tutto nasce dall´approvazione, esternata da Veronesi, per la ripartenza dell´opzione nucleare in Italia; Rubbia impegnato in un progetto di centrale elioelettrica detta "solare termodinamico" si risente e - secondo quanto riportato da il "Corriere della Sera" di lunedì 26 maggio in un articolo a firma di Franco Foresta Martin, da cui abbiamo tratto le citazioni che riportiamo - ribatte: «Veronesi si occupi di oncologia, dove riesce benissimo, lasciando il nucleare a chi ne ha competenza».
Il celebre oncologo preferisce gettare acqua sul fuoco e non replicare, ma è Fornaciari che gli ribalta contro le sue affermazioni: «Rubbia? Ma se non ha mai progettato nemmeno un chiodo di una centrale nucleare.
Lui è un fisico delle particelle, di centrali nucleari non se ne intende affatto».
Gli altri cercano di smorzare la polemica, magari con il diplomatico «Sono d´accordo con Rubbia quando dice che devono pronunciarsi gli esperti; ma a rigore di termini nemmeno lui è un ingegnere nucleare» di Petronzio. È vero, Rubbia è un Nobel per la fisica teorica, ma non un ingegnere. Il progetto "Archimede", alla realizzazione del quale Rubbia è stato chiamato a sovrintendere e fungere da "testimonial" dall´allora ministro Alfonso Pecoraro Scanio pone problemi ingegneristici, non di fisica delle particelle. Ma Rubbia ha accettato e, non importa se sappia o meno dimensionare i perni (l´equivalente concreto del chiodo di Fornaciari) degli specchi rotanti, che concentrano l´energia solare, è lui che si è assunto la responsabilità scientifica, è lui che deve rispondere del progetto intitolato all´inventore degli "specchi ustori" in quanto la centrale della potenza nominale di punta di 40 megawatt dovrebbe sorgere a Priolo, in Provincia di Siracusa, città che Archimede aveva tentato di difendere incendiando le navi degli attaccanti romani con specchi concavi con cui, concentrando l´energia del sole, riusciva a ottenere temperature in grado di innescare un incendio. Poi un giorno piovve .... e Siracusa venne presa.

Per questo, in quanto testimonial responsabile del progetto, chiediamo al professor Rubbia risposte precise di tipo ingegneristico, spiegando ai lettori il significato di ciò che chiediamo.

Domanda numero 1:
di quanti "soli" (quante volte) è la concentrazione di energia sull´elemento captante? Perché dalla potenza incidente e dall´entità dell´energia dispersa dalla caldaia solare (perdite di riemissione) in funzione della sua temperatura, dipende la temperatura massima teorica alla quale può venire portato il fluido che vi circola, una miscela di sali fusi (60% di nitrato di sodio e 40% di nitrato di potassio) con temperatura di esercizio in caldaia superiore ai 550 °C. Si tratta di un dato fondamentale, perché dalla differenza tra temperatura massima teorica raggiungibile con l´irraggiamento di punta e temperatura di esercizio dipendono due fattori essenziali per verificare la resa dell´apparato: l´entità del flusso termico ed il suo valore di punta; le ore di funzionamento positivo dell´apparato, in quanto, quando la potenza radiante incidente e le perdite di riemissione si equivalgono, il flusso utile equivale a zero.

La caldaia si mantiene in temperatura, ma non eroga flusso termico utile all´elettrogenerazione.

Domanda numero 2:
quando il sole tramonta o è nuvolo, in che modo vengono impedite le dispersioni termiche della caldaia, che comunque non possono diventare mai nulle, dal momento che, al fine di evitare la solidificazione dei sali fusi, il circuito (dati di progetto) non deve scendere al di sotto di 290 °C e i sali fusi devono continuare a circolare?

Come corollario a questa domanda,
chiediamo al Nobel Rubbia quanta energia è necessaria a far funzionare le pompe, quanta a compensare le dispersioni termiche dei fasci tubieri che adducono il fluido allo scambiatore termico. In altri termini chiediamo qual´è l´entità (valore numerico) delle perdite lineari del captatore solare in condizione di attività; l´entità di quelle, se previsto un dispositivo di coibentazione, del captatore in condizione di passività (di notte o con il nuvolo); l´entità delle perdite termiche e di carico (fluidodinamiche) del circuito nei suoi diversi componenti.

Inoltre chiediamo la lunghezza complessiva di tutti questi elementi. Come facevamo notare in un articolo pubblicato su L´Opinione delle Libertà del 22 giugno dello scorso anno,

(nota di Renzo Riva http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=131&id_art=4097&aa=2007 )

la relazione di progetto a pagina 64 nel capitolo "Riscaldamento componenti e tubazioni dell´impianto" descriveva minuziosamente, senza tuttavia fare riferimento a quanta energia fosse necessaria al loro funzionamento, i dispositivi e le soluzioni adottate per tenere in temperatura l´impianto.
Forse a seguito di quell´articolo il progetto originario è stato rivisto (è una nostra ipotesi, una nostra illazione) perché oggi si legge che la costruenda centrale, di cui Rubbia è testimonial, verrà integrata con la combustione di gas per fare fronte all´intermittenza dell´energia solare. Ormai è probabile, dal momento che lo affermano autorevoli personaggi e non è più solo un dubbio da ignoranti, che il Nobel Carlo Rubbia in campo ingegneristico non abbia le stesse competenze che in campo della fisica delle particelle.

Il fatto è che il progetto Archimede viene identificato con la sua persona e con l´autorevolezza scientifica accreditata ad un Nobel, tanto è vero che, in assenza di Rubbia (non sappiamo se forzosa od intenzionale), a parlare di solare alla puntata di "Anno Zero", da cui ha preso spunto il nostro già citato articolo del 22 giugno 2007, il conduttore Michele Santoro ha invitato un altro Nobel, Dario Fo collega di titolo con Rubbia, sia pure per diversa disciplina.

Una previsione? Rubbia non ci risponderà.

Se Oscar Luigi Scalfaro da Presidente della Repubblica non seguiva stampa e televisione, figuriamoci se un Nobel per la fisica delle particelle sa che esiste il nostro quotidiano. E l´altra stampa? Cominciamo con il fatto che questo articolo non finirà nelle rassegne, come accade agli articoli non politicamente corretti; i colleghi delle altre testate faranno finta di non averlo letto, tanto chi riuscirà a dimostrare il contrario!. Per non dire, poi, che a favore del solare si esprimono dei Nobel quali Carlo Rubbia, Al Gore, Dario Fo, Rita Levi Montalcini, nobel tra l´altro nel sostegno al Governo Prodi di cui Pecoraro Scanio era ministro, e il probabile futuro Nobel Beppe Grillo; chi vuoi allora che si fili un giorgio prinzi qualunque (il minuscolo non è un errore) che per giunta è famigerato per sostenere l´opzione nucleare?


http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=131&id_art=4097&aa=2007

Edizione 131 del 22-06-2007

Il caso di Franco Battaglia, studioso ecologicamente non omologato

Il professore scomodo escluso da Anno Zero
L’esclusione avvenuta perché Carlo Rubbia non ha voluto confrontarsi

di Giorgio Prinzi

Il professore non “ecologicamente” omologato Franco Battaglia, noto per scrivere sui giornali verità scomode per i talebani adoratori delle energia alternative, era stato interpellato per intervenire in contraddittorio ad una puntata di “Anno Zero” sul tema di una indimostrata catastrofe ambientale per risolvere la quale il prode Santoro si affida al Governo Prodi nell’auspicio che sia (citiamo letteralmente dal sito che annunzia la puntata dal titolo “Dimenticare il futuro”) “capace non solo di sopravvivere, ma di offrire una speranza al Paese e di progettare il futuro”. Seguono i nomi degli ospiti chiamati a discuterne: Francesco Rutelli, il Nobel Dario Fo, Vittorio Sgarbi, e Jacopo Fo. La partecipazione del professor Battaglia è stata annullata perché il professor Carlo Rubbia, collega di Nobel di Dario Fo e Consulente del ministro Alfonso Pecoraro Scanio, ha rifiutato di misurarsi in contradditorio con Franco Battaglia e per, par condicio, mancando un contraddittore, è stato cancellato anche il professor Battaglia, nonostante le sue rimostranze perché si trovasse un altro contradditore.

Evidentemente nessuno ha il coraggio di misurarsi con lui. Ne prendiamo atto. Cosa ne verrà fuori lo sapremo a pagine del nostro giornale già chiuse. Non credano, però, Rubbia e Santoro di farla franca con manovre di ritirate strategiche o con forme passive di negazionismo al dibattito. Non faremo loro sconti, sia pure da impari posizione e con differente impatto di opinione pubblica. Di domande alle quali sembrano poco disposti non solo a rispondere ma di vederle formulate in pubblico ne avremmo a iosa. Ad esempio, quanta energia elettrica serve per mantenere, quando non c’è sole o esso è insufficiente, la temperatura dell’accrocco a temperatura superiore a quella di solidificazione dei sali fusi (il fluido termodinamico da cui postula il nome il solare patrocinato da Rubbia) , che vanno altresì agitati (mantenuti in circolo) per evitare singolarità all’interno del circuito? Nostre fantasie? Citiamo testualmente dal capitolo 3 del “Progetto Archimede” a pagina 64, paragrafo dal titolo Riscaldamento componenti e tubazioni dell’impianto “ (. . . )

Il problema più importante di questo fluido è l’elevata temperatura di solidificazione pari a circa 238 °C, per cui risulta necessario durante l’esercizio dell’impianto mantenere la temperatura del fluido al di sopra di questo valore con un certo margine. Particolare attenzione va posta nella fase di avviamento e nella fase di riempimento della rete di tubazioni che usualmente si trovano a bassa temperatura. È quindi necessario prevedere, per risolvere tale problema, l’utilizzo di sistemi di riscaldamento delle tubazioni e dei componenti che siano semplici ed affidabili. I sistemi di riscaldamento che risultano più idonei nell’impianto solare sono di tipo elettrico ed in particolare il sistema con cavi scaldanti e il sistema per impedenza. In particolare il primo viene utilizzato per il riscaldamento dei componenti (valvole, strumenti di misura, bocchelli ecc, figura 3. 13) mentre per le tubazioni viene utilizzato il sistema ad impedenza. Nel caso di sistema ad impedenza, la stessa tubazione diventa un riscaldatore allorché gli viene fatta passare una corrente elettrica con una tensione di qualche Volts.

Quest’ultima viene ottenuta attraverso un opportuno trasformatore in corrente alternata, alimentato a 230-400 V con uscita a bassa tensione 5-25 V . La figura 3. 16 rappresenta schematicamente questo tipo di sistema di riscaldamento elettrico applicato a tratti di tubazioni affiancate. Sebbene questo sistema di riscaldamento potrebbe risultare meno economico per il costo del trasformatore, esso ha il grande vantaggio di avere una lunga durata, poca manutenzione ed un accurato controllo della temperatura”. Preveniamo le possibili contestazioni dei Nobel Rubbia e Fo. Il capitolo da noi citato si riferisce alla fase di caricamento dell’impianto, dove i problemi di raffreddamento del fluido sono più pressanti, ma anche ad impianto caldo le dispersioni esistono e non sono eliminabili. Quanta energia serve per equilibrarle e quali tipi di coibentazione sono stati adottati soprattutto nell’elemento critico che è il captatore dell’irradazione solare? Sempre in riferimento alla fase di caricamento riportiamo che il singolo fusore dei sali ha un volume di 7 metri cubi, un sistema di resistenze elettriche della potenza di un megawatt e mezzo con temperatura superficiale di 600 centigradi, il tempo medio di fusione di una tonnellata di prodotto a temperatura del bagno di 340÷370 °C è di 7 minuti, il tempo di travaso con una pompa da 500 chilogrammi al minuto e di circa 10 minuti, la durata del ciclo è di 50 minuti, l’agitatore del bagno è ad elica.

Qualcuno direbbe “Rubbia, ci hai fatto sognare tutti”. Più semplicemente il professor Battaglia e chi scrive diciamo “Dateve ‘na sveglia! ”. Segnalerò questo articolo e quanti altri eventualmente ne seguiranno, sia al Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti, sia al Collegio dei Probiviri del Sindacato, perché esprimano una loro valutazione sulla vicenda. Segnalo inoltro sul numero 38 del luglio 2007, pagina da 62 a 65, della rivista “Tecnologia & Difesa” è pubblicato un articolo sulle variazioni climatiche nel quale si esprimono seri dubbi su di esse abbia una reale influenza il cosiddetto effetto serra.

Vuoi vedere che il Protocollo di Kyoto è il nobel di tutte le cantonate?