martedì, ottobre 31, 2006

I Cinque Gradi dell'Apocalisse

E' uscito domenica sull'Independent un riassunto del rapporto di Nicholas Stern sulla situazione climatica. La faccenda, per dirla gentilmente, è apocalittica.

Qualcuno tradurrà sicuramente in italiano questo rapporto e i commenti del caso. Per il momento, date una scorsa nella versione inglese dell'articolo apparso sull'"Independent". Un grado, due gradi, tre gradi...... E poi addio pianeta.

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A global catastrophe of our own making

by Steve Connor, Science Editor

The Independent & The Independent on Sunday

Independent.co.uk Online Edition (October 31 2006)


Average global temperatures have increased by less than one degree Celsius since the Industrial Revolution, but they are projected to increase by up to five degrees Celsius over the coming century if carbon dioxide levels continue to rise without restraint. With each one degree Celsius rise in average global temperatures, the Stern Review portrays progressively more serious scenarios.

The five degrees of disaster

One degree Celsius: Smaller mountain glaciers disappear in Andes, threatening water supply of fifty million people. More than 300,000 people extra die from increase in climate-related diseases in tropical regions. Permafrost melting damages roads and buildings in Canada and Russia. One in ten species threatened with extinction, eighty per cent of coral suffers regular bleaching.

Two degrees Celsius: Water scarcity increases in southern Africa and the Mediterranean. Significant decline in food production in Africa, where malaria affects up to sixty million more people. Up to ten million extra people affected by coastal flooding each year. Arctic species, such the polar bear, face extinction along with fifteen to forty per cent of world's remaining wildlife. Gulf Stream begins to weaken and Greenland ice sheet begins to melt irreversibly.

Three degrees Celsius: Serious droughts in southern Europe occur once every ten years. Between one and four billion people suffer water shortages and a similar number suffer from floods. Many millions of people at risk of malnutrition, as agricultural yields at higher latitudes reach peak output. More than 100 million people are affected by the risk of coastal flooding. Mass extinction of animals and plants accelerates.

Four degrees Celsius: Sub-Saharan Africa and the southern Mediterranean suffer between thirty and fifty per cent decrease in availability of water. Agricultural yields decline by 15-35 per cent in Africa. Crops fail in entire regions. Up to eighty million extra people are exposed to malaria. Loss of around half of the Arctic tundra. Many nature reserves collapse. Giant West Antarctic Ice Sheet begins to melt irreversibly, threatening catastrophic increases in global sea levels.

Five degrees Celsius: Possible disappearance of the large glaciers of the Himalayas, affecting the water supply of 25 per cent of population of China and hundreds of millions more in India. Ocean acidity increases with threat of total collapse in the global fisheries industry. Sea levels rise inexorably, inundating vast regions of Asia and about half of the world's major cities, including London, New York and Tokyo.


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Il Picco Alimentare II

Alcune correzioni all'articolo di Gwynee Dyer postato ieri sono apparse in un commento pubblicato su "Energy Resources".

I numeri sono leggermente diversi a seconda della sorgente dei dati (USDA, FAO, o altri). Di seguito, riporto i dati presi dalla FAO. Nel complesso non c'è dubbio che la produzione di derrate alimentari nel mondo è in calo.

Scusate la formattazione della tabella che non è molto chiara, ma i numeri ci sono


Milioni di tonnellate:

Anno 2004/05 2005/06 2006/07
Grano 632.1 626.8 616.8
Riso 408.5 421.2 424.2
Altri cereali 1024.7 988.9 976.1

Totale 2065.3 2036.9 2017.1


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lunedì, ottobre 30, 2006

Il Picco Alimentare

Quanto a lungo può il mondo continuare a nutrire i suoi abitanti? La domanda è l'inizio di un interessante articolo di Gwynee Dyer pubblicato su "EnergyBullettin". Sembra che siamo arrivati al "picco alimentare" con la produzione di grano che è calata per la prima volta nel 2005 dal tempo della "rivoluzione verde" e che sta mostrando una netta tendenza a diminuire ulteriormente quest'anno. Il tutto è ovviamente esacerbato dal fatto che la popolazione mondiale continua ad aumentare.

E' una china dalla quale non si esce facilmente. Gwnynee Dyer identifica tre fattori principali che stanno causando il declino della produzione di grano: La carne, Il calore e i biocombustibili.

I primi due sono abbastanza noti; sappiamo che la carne è un modo poco efficiente di sfruttare il territorio. Allo stesso tempo, il riscaldamento globale sta causando l'inaridimento di vaste aree prima fertili; con l'aiuto anche di pratiche agricole insostenibili

Meno noto e sotto certi aspetti sorprendente il ruolo dei biocarburanti nel declino della produzione che secondo la visione convenzionale sono "ecologici" in quanto non causano l'emissione netta di CO2 nell'atmosgera. Secondo Dwyer, invece, la coltivazione di biocarburanti sta già entrando in competizione con la coltivazione di grano e di derrate alimentari. Gli effetti peggiori si notano con il mais americano e con l'olio di palma nell'Asia del Sud-Est

Come si sul dire, le strade dell'inferno sono lastricate di buone intenzioni

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Energy Bulletin. 28 Oct 2006.

How Long Can the World Feed Itself?

by Gwynne Dyer

We are still living off the proceeds of the Green Revolution, but that hit diminishing returns twenty years ago. Now we live in a finely balanced situation where world food supply just about meets demand, with no reserve to cover further population growth. But the population will grow anyway, and the world's existing grain supply for human consumption is being eroded by three different factors: meat, heat and biofuels.

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Perché si fa una Guerra

Carl Rove, consigliere del presidente Bush, interviene sulla questione Irak contro il suggerimento da parte dei democratici di ritirarsi dicendo:

"Non si può lasciare una delle più grandi riserve di petrolio del mondo nelle mani dei terroristi"

Non lo si può accusare di non avere il coraggio di dire le cose come stanno.

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Rove: Military Must Be Flexible in Iraq

Saturday October 28, 2006 5:31 AM

By TODD RICHMOND

Associated Press Writer

WAUKESHA, Wis. (AP) - Presidential advisor Karl Rove blasted Democrats on Friday for even suggesting the U.S. withdraw from Iraq, saying the U.S. can't leave one of the world's largest oil reserves in terrorist hands. Continue


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domenica, ottobre 29, 2006

Perle di Toscana

Una notevole "perla di saggezza" di una pubblicazione della regione Toscana mi è stata fatta notare da Monica Sgherri, consigliere regionale in Toscana. La pubblicazione è detta "Segnali Ambientali", un bel documentone che trovate anche su internet.

Nel testo, dopo grandi ragionamenti, tabelle e valutazioni, spesso basate su faccine più o meno sorridenti, trovate a pagina 130 il nocciolo della faccenda rispetto alle emissioni di CO2 e al rispetto del trattato di Kyoto, sulla qual cosa la Toscana si era impegnata formalmente. Eccolo qua:

"Nel 2000 le emissioni di gas serra, anziché essere diminuite, erano aumentate. Le stime circa la componente principale dell’aggregato delle emissioni ad effetto serra, la CO2, indicano che un ulteriore aumento di oltre 6 punti percentuali dovrebbe verificarsi anche nel decennio 2000-2010, mettendo in risalto la sostanziale impossibilità di centrare l’obiettivo. Nonostante questo, un segnale da dover interpretare come positivo è il ridimensionamento del trend crescente delle emissioni di anidride carbonica a partire dal decennio successivo, che sembra tendere a una sorta di livello soglia nel medio-lungo periodo."

Splendido: stiamo continuando ad aumentare le emissioni, ma aumentiamo un po' meno di prima e chissà che un giorno o l'altro non si arrivi a stabilizzare. Se questa è l'unica cosa positiva che la regione Toscana può vantare a proposito del trattato di Kyoto, è veramente poco, considerando che l'impegno nazionale era di ridurre le emissioni del 6.5%.

In sostanza, la regione Toscana non sta facendo niente di più di quanto non stia facendo il governo nazionale per rispettare gli impegni presi rispetto al trattato di Kyoto. Ovvero, non sta facendo niente. Te lo dice anche, basta andare a pagina 130.


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Il 3% di crescita: una scommessa sbagliata

Una conclusione importante, che si evince da quanto detto alla conferenza sui quaranta anni del WWF a Roma e' CHE NESSUNO METTE PIU' IN DUBBIO IL CONCETTO DI PICCO del PETROLIO e sopratutto della necessaria ed ovvia conseguenza dell'abbandono del postulato della crescita permanente dell'economia.

Parrebbe che si sia convinto perfino Piero Angela, alfiere positivista dei magnifici e progressivi destini dell'umanità.

Mi sembra anche fondamentale il fatto che I PIU' OTTIMISTI fra i relatori ad un altro importante incontro, citato da Reuters, hanno affermato che il picco CI SARA' e che potrebbe perfino essere già avvenuto.

Secondo la visione piu' ottimista, sara' al piu' tardi fra SETTE ANNI.

Il che ci fa ricordare qualcosa...no?
La storia di Giuseppe e dei setti anni di vacche grasse...e dei sette anni di vacche magre successive.
Abbiamo sette anni per attrezzarci (Nel migliore dei casi) per sostituire il petrolio, e dovremo farlo ad un tasso di sostituzione del 5%, probabilmente, che sembra poca cosa ma in realtà è ENORME.
Un esempio: La Cina dovrebbe costruire OGNI ANNO un’opera come la diga delle tre gole sullo Yang-Tze, se volesse affidarsi all'idroelettrico o investire OGNI anno una cifra analoga in energie alternative.
L'America dovrà OGNI ANNO trovare un’alternativa energetica ad un milione di barile di petrolio , pari alla produzione del Kuwait.
E l'Italia?
L'Italia, estrema sintesi, dovrà OGNI anno aumentare del 50% la sua produzione da energie rinnovabili, se vorrà tenere il passo.
Data la magnitudine degli investimenti necessari, nell'ordine della decina di MILIARDI di euro all'anno, SE si volesse seriamente affrontare il problema, questa dovrebbe essere la GRANDE OPERA alla quale dovrebbero essere dedicate la maggior parte delle energie e finanziamenti disponibili per lo sviluppo.
Varrebbe la pena, a meno di non rassegnarsi fin da ora ad entrare in una depressione e recessione economica permanente con probabili conseguenze di stampo sudamericano (ricordiamoci dell'Argentina);
Questa consapevolezza comincia a farsi strada, faticosamente, anche nelle aule parlamentari, dove sono in attesa di essere approvati un paio di importanti decreti che potrebbero finalmente far decollare il settore.
Tutto bene, quindi?
Rimbocchiamoci le maniche e sotto con le rinnovabili?
Non tanto, purtroppo.
Parrebbe che, anche sulla base delle ultime dichiarazioni,ancora si ritenga possibile una crescita del 3% annuo dell'economia nazionale e su questo si sta scommettendo, con il portato di enormi investimenti in autostrade, linee ferroviarie ad alta velocità,poli industriali...lasciando gli "spiccioli" per baloccarsi con il protocollo di Kyoto , i generatori eolici, il fotovoltaico, il risparmio energetico...
Non direi che vi siano molti fondamenti a questa previsione di crescita cosi elevata nei prossimi anni, specialmente in un futuro prossimo di permanente dipendenza dal petrolio e dalle altre fonti di energia non rinnovabili e di prezzi esponenzialmente crescenti per il loro approvvigionamento.
La scommessa, quindi mi sembra alquanto azzardata ed ad alta probabilità di essere perduta.
Se si decidesse di scommettere su un piatto vincente, tanto per cambiare, investendo realmente nel futuro e per il futuro del paese?

sabato, ottobre 28, 2006

Simmons: Il Picco globale è stato a Dicembre

BOSTON: In pieno svolgimento la conferenza di ASPO-USA. Fa notizia la presentazione di Matthew Simmons che ha dichiarato che il picco globale del petrolio è già avvenuto nel Dicembre 2005. Già qualche tempo fa Kenneth Deffeyes aveva proposto che il picco si era verificato verso la fine del 2005.

La presentazione di Simmons è stata commentata anche su Reuters



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I "Limiti alla Crescita" a Roma

Dennis Meadows, autore dello studio del 1972 noto in Italia come “I Limiti dello Sviluppo” è stato il protagonista della prima giornata di celebrazione del quarantesimo anniversario della fondazione del WWF italiano, a Roma il 27 Ottobre

La presenza di Dennis Meadows a questa manifestazione è particolarmente significativa perché segna una decisa inversione di tendenza rispetto alla fase in cui era venuta di moda la leggenda che le previsioni dello studio del 1972 erano “sbagliate”, leggenda che si trova tuttora ripetuta in innumerevoli siti internet, blog e forum.

Nella sua presentazione, Dennis Meadows ha tracciato in grandi linee la storia dello studio che si intitola, più propriamente, “I Limiti alla Crescita”. Le tendenze individuate nella prima versione dello studio, nel 1972, non sono cambiate con l’aggiornamento pubblicato nel 2005 negli Stati Uniti e che esce quest’anno tradotto in italiano. Dennis Meadows è sostanzialmente pessimista sulla capacità della società di evitare il declino economico che i modelli situano intorno alla seconda o la terza decade del ventunesimo secolo. Secondo Meadows, sono necessari nuovi paradigmi e nuovi modi di pensare per uscire dalla trappola dello sviluppo a tutti i costi che ci porta soltanto verso un sovrasfruttamento sempre maggiore e a un collasso più grave

Molto interessanti i commenti alla presentazione di Meadows, specialmente da parte di Patrizia Sentinelli Viceministro Cooperazione allo Sviluppo, che ha avuto il coraggio, raro per un politico, di dire che non si può continuare a crescere per sempre. Anche molto interessante il commento di Piero Angela che ha ricordato la figura di Aurelio Peccei, fondatore e presidente del Club di Roma, l’istituzione che ha sponsorizzato lo studio del 1972 di Meadows. Angela ha menzionato esplicitamente il picco del petrolio e ha fatto l’esempio della roulette russa per spiegare come ignorare una previsione di pericolo può essere una cosa molto rischiosa.

Non tutti hanno ancora capito che la storia delle “previsioni sbagliate” ormai non attacca più. Uno di questi è Carlo Stagnaro che in un comunicato dell'altro giorno si è lanciato in una serie di sguaiate e improbabili critiche al WWF sulla base di pretese “predizioni errate” del passato. Ma, piano piano, il messaggio sta passando; le argomentazioni dei “Limiti alla Crescita” non erano da intendersi come predizioni esatte, ma si stanno rivelando più giuste di quanto gli stessi autori avrebbero potuto immaginare. Stiamo cominciando ad accorgercene.

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venerdì, ottobre 27, 2006

Toccato il Fondo?


Sembra interrompersi la tendenza al ribasso del prezzo del petrolio che perdurava dalla fine di Agosto. Dopo aver raggiunto i 78 dollari al barile, il prezzo si era abbassato fino a circa 56.

Ultimamente abbiamo visto la precipitosa discesa rallentare e in questi giorni il barile è ritornato a oltre i 60.

I commentatori, come al solito, tirano in ballo eventi casuali per spiegare ogni piccola oscillazione - la spiegazione principale negli ultimi tempi sono state le preoccupazioni per il programma nucleare iraniano. Nella pratica, non sembra che i prezzi del petrolio siano sensibili alle bombe atomiche, perlomeno il test nucleare coreano di qualche settimana fa non ha interrotto la tendenza al ribasso.

Piuttosto, sembra probabile che gli operatori avessero accumulato scorte in Luglio e Agosto per prepararsi a qualche possibile uragano distruttivo come Katrina dell'anno scorso. Questo ha causato l'aumento dei prezzi di Agosto. Quando, invece, gli uragani non si sono verificati, gli operatori hanno rimesso sul mercato le scorte in eccesso e questo ha fatto abbassare i prezzi.

Queste oscillazioni non devono comunque mascherare la tendenza dei prezzi ad aumentare in media. Dal tempo delle grandi crisi del petrolio degli anni '70 i prezzi hanno oscillato fra i 20 e gli 80 dollari al barile in moneta attuale; ma la tendenza media è stata di crescita. Lo è tuttora.

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giovedì, ottobre 26, 2006

Oro Rosso

Arriva la Notizia di un Rumeno folgorato a Firenze mentre cercava di rubare, sembra, dei cavi di rame per rivenderli. Non è del tutto chiara la dinamica della faccenda, ma continuano ad arrivare notizie di furti di oggetti di rame, targhe, fili, iscrizioni funerarie; il rame va letteralmente "a ruba".

Il mercato reagisce alla scarsità di rame; l'industria si trova in difficoltà a soddisfare la domanda e i prezzi aumentano. Tutto il sistema di estrazione di minerali è sotto pressione, l'aumento dei costi del petrolio ha aumentato i costi di estrazione che, alla fine dei conti, sono costi energetici e non semplicemente monetari. Sembrerebbe che dopo tante illusioni di gente che ci raccontava che le risorse erano "infinite", il pianeta ci stia presentando il conto.

Il primo a rimetterci nella ricerca dell'oro rosso è stato questo poveraccio che si chiamava Nicu Chivu. Chissà se sapeva della teoria di Hubbert.

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Da "la Nazione" di Martedi' 24 2006

Folgorato mentre tenta di rubare l’«oro rosso»

E’ UNA VITTIMA dell’«oro rosso» — il rame rubato a quintali da bande di extracomunitari e stoccato in compiacenti magazzini gestiti da cinesi all’Osmannoro — l’uomo, un extracomunitario, folgorato domenica notte dall’alta tensione, mentre con un paio di tronchesi stava per tagliare un cavo da 220 volt, in via Due Case, la parallela alla stazione ferroviaria di Castello che da via della Cappella va al viale XI agosto, molto vicino all’aeroporto di Peretola. Si chiamava Nicu Chivu e aveva 35 anni. Era insieme alla sua fidanzata e a un connazionale. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, che hanno interrogato i due testimoni Chivu (che con la sua donna abitava al campo dell’Olmatello) e gli altri sarebbero arrivati in prossimità dei caviintorno alle 20,30. Chivu ha forzato un lucchetto di un cancello d’ingresso, poi ha tagliato una rete. Ormai davanti ai cavi dell’alta tensione, ne ha reciso uno a terra: pensava così di aver disattivato il flusso di corrente. Quindi ha provato a tagliare il cavo posto a due-tre metri da terra: la sua donna e il connazionale hanno visto una fiammata e Chivu ricadere a terra. Si sono avvicinati, aveva le mani carbonizzate. Hanno provato a rianimarlo, poi hanno fermato un motociclista che ha chiamato i soccorsi. Ma non c’era più niente da fare.

mercoledì, ottobre 25, 2006

Il trionfo della banalità

Un'articolo di oggi sulla "Stampa" dove Joscha Fischer riesce a andare avanti per un pezzo raccontando la storia degli ultimi vent'anni senza mai nominare la parola "petrolio." Nemmeno mai accenna neanche vagamente che il problema energetico e quello delle materie prime potrebbero aver giocato un ruolo in tutto quello che è successo in questo periodo.

Interessante come esempio di come la political correctness possa raggiungere traguardi di banalità addirittura trionfali. E' anche una preoccupante illustrazione dei limiti culturali di persone che vengono spesso additate fra i più illuminati dei nostri politici

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La Stampa, 25.10.06

CROLLO URSS, EUROPA UNITA, IRAQ

L'Occidente in cerca di identità
di Joschka Fischer

Come possiamo definire l'Occidente? Durante la guerra fredda
l'America e i suoi alleati lo incarnavano, e l'Europa era divisa tra
Est e Ovest per una ragione ideologica, non geografica. Io sono nato
in questo sistema, e non avrei mai potuto immaginare che si
dissipasse. Per trent'anni ho vissuto pensando che oltre la cortina
di ferro il mio mondo finiva.

L'Occidente era basato su una cultura, le istituzioni democratiche,
lo Stato di diritto, le libertà individuali. Un sistema di valori lo
definiva, e questo era vero ancora di più per la Germania, perché
eravamo un paese diviso. Chi guardava la nostra televisione all'Est
pensava che voleva vivere come noi, ma non poteva, perché le guardie
di frontiera sparavano su chi si azzardava a varcare il confine. Non
credevo che questo ordine potesse finire da un momento all'altro.
Quando guardo indietro, non trovo altri esempi della storia in cui
una grande potenza come l'Urss sia collassata così, in pochi giorni,
senza neanche un colpo sparato.

Il crollo dell'Unione Sovietica è stato il momento più brillante per
quell'alleanza e quella cultura che chiamavamo Occidente. Sembrava un
periodo magnifico, ma stava anche emergendo un nuovo mondo con
situazioni e problemi mai visti prima. La grande sfida per l'Europa,
dopo la fine della guerra fredda, era la nuova unificazione. Il
nostro continente aveva avviato questo processo dopo la Seconda
Guerra Mondiale grazie a due idee lungimiranti: quella degli Stati
Uniti, che decisero di rimanere per aiutare la ricostruzione; e
quella di uomini illuminati come i francesi Schuman e Monet, ma anche
l'italiano De Gasperi e il tedesco Adenauer, che volevano superare i
vecchi interessi nazionalistici costruendo una casa comune.
L'edificio era bello, non c'è dubbio. Però una sua parete era il Muro
di Berlino, e quando è caduto abbiamo scoperto l'esistenza dei
parenti poveri che pensavamo lontani. All'inizio siamo stati felici
di accoglierli, ma dopo un po', quando alzandoci la mattina trovavamo
la fila al bagno, abbiamo cominciato ad irritarci. Eppure la
riunificazione dell'Europa era e resta la nostra grande sfida del
dopo guerra fredda.

Negli Stati Uniti, quando è crollata l'Urss, la situazione era molto
diversa. C'erano stati altri momenti unilaterali nella storia
americana. In fondo, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Usa
si erano già trovati in una posizione unica. E' vero, c'era l'Urss,
ma i soldati americani erano ovunque e l'economia a stelle e strisce
dominava. Eppure quel periodo unilaterale fu anche uno dei momenti
più alti per la politica estera di Washington: fu fondata l'Onu,
nacquero le grandi alleanze come la Nato, e venne varato il Piano
Marshall. Il secondo momento unilaterale, quello seguito al crollo
dell'Urss, è stato più complicato. Gli Usa erano una grande potenza,
l'Europa cercava di diventarlo, e tanti piccoli Stati le sfidavano, a
cominciare dai Balcani. Quando scoppiò quella crisi, mi chiesi: dov'è
l'Occidente? La Francia appoggiava i serbi, la Germania i croati e
gli sloveni. Sembrava tornata la vecchia Europa, che non è quella
irrisa dal ministro della Difesa americano Rumsfeld, ma quella
spaccata dai nazionalismi. Se ci fossimo mossi prima, credo che circa
200.000 persone sarebbero ancora vive. Ma per noi tedeschi era una
crisi molto difficile. La mia generazione è cresciuta con due punti
fissi: mai più guerra e mai più olocausti. Non era facile per noi
intervenire con la forza nei Balcani, dove le armate di Hitler si
erano macchiate di tanti delitti.

Gli Stati Uniti, da parte loro, si chiedevano che interesse avessero
in quella crisi, e la risposta era nessuno. Però alla fine sono
dovuti intervenire a salvare l'Europa, per la terza volta nello
stesso secolo. La lezione dei Balcani è stata che non avremo pace nel
nostro continente finché ci saranno due Europe: quella di Bruxelles e
quella dei nazionalismi. Per questo l'allargamento dell'Unione resta
una questione di pace o di guerra. Non è un'idea, ma un pratico
interesse di stabilità. Eppure molti europei oggi sono ciechi, e lo
rallentano.

Gli Stati Uniti, invece, hanno appena vissuto un altro momento
unilaterale. Dopo l'invasione del Kuwait, George Bush padre aveva
creato una coalizione. Avrebbe potuto farne a meno, ma scelse di
formare un'alleanza, e poi usare la potenza americana per raggiungere
l'obiettivo prefissato. Era un esempio di come agire per cambiare in
meglio le cose, ma non è stato più seguito.

Dopo gli attentati dell'11 settembre, una tragedia che nessuno
dimenticherà, noi tedeschi tenemmo una manifestazione alla Porta di
Brandeburgo a cui partecipò anche la sinistra estrema. Tutto il mondo
era con l'America in questa sfida comune, e tutti comprendevamo che
lo status quo in Medio Oriente non era più accettabile. La Germania
aveva concordato sulla necessità di andare in Afghanistan a
rovesciare i taleban, e aveva fatto la sua parte. A quel punto si
trattava di sfruttare la solidarietà mondiale verso gli Stati Uniti
per creare una coalizione mondiale dell'intelligence e delle forze
dell'ordine, allo scopo di combattere il terrorismo, e nello stesso
tempo affrontare la questione mediorientale per arrivare a una pace
fra israeliani e palestinesi, che forse sarebbe stata dolorosa da
entrambe le parti, ma avrebbe avviato davvero la nascita di un nuovo
Medio Oriente.

La situazione, invece, è cambiata con l'Iraq. Noi tedeschi abbiamo
avuto posizioni diverse dal principio e lo abbiamo detto, perché
questo è il compito dei veri amici. Possedevamo le stesse
informazioni di intelligence di Washington, e non capivamo le ragioni
della guerra. Saddam era in gabbia. Se c'erano le armi, gli ispettori
dell'Onu le avrebbero trovate, dato che noi li indirizzavamo. Perché
fermare questo processo? Gli americani si rendevano conto che
invadere Baghdad significava accollarsi la responsabilità dell'intero
Medio Oriente? E come avrebbero tenuto insieme un Paese così
complesso? Capivano che esportare la democrazia significava
consegnare il Paese alla maggioranza sciita, e quindi dare all'Iran
un'influenza che non aveva mai avuto prima? Ma la differenza,
rispetto agli altri momenti unilaterali della storia recente
americana, era che stavolta i neocon erano al potere. Le conseguenze,
adesso, le scontiamo tutti.

La radice del problema del terrorismo islamico non è politica, ma
culturale. E' il blocco della modernizzazione, dopo il fallimento del
nazionalismo arabo. L'Europa deve fare attenzione a non complicare la
situazione bloccando l'allargamento alla Turchia, perché così farebbe
deragliare il suo processo secolare di ammodernamento. Se la
allontaniamo, sarà spinta a coltivare il rapporto con la Russia e
l'Iran, dove il sentimento anti-occidentale continua a crescere. Così
rischiamo di riuscire nell'impossibile, cioè favorire un'alleanza tra
Ankara, Mosca e Teheran.

L'altro problema urgente, oltre alla stabilizzazione dell'Iraq, è
l'ambizione nucleare iraniana. Se la Repubblica Islamica riuscirà ad
ottenere la bomba atomica cambierà il Medio Oriente, avviando una
corsa alla proliferazione. Chi può prevedere cosa faranno a quel
punto Turchia, Egitto e Arabia Saudita? Il mondo rischierà di essere
minacciato da decine di piccole e medie potenze nuclearizzate.

La sicurezza nel Ventunesimo secolo è un concetto che va ridefinito.
Deve essere basata sullo sviluppo, sulle opportunità, su un sistema
di valori simile a quello che definiva l'Occidente durante la guerra
fredda, e anche sulle garanzie militari. Americani ed europei non
possono risolvere questi problemi da soli: serve un nuovo consenso
strategico nella relazione atlantica, per affrontare le nuove sfide.
L'Europa dovrà proseguire l'allargamento, perché è lo strumento con
cui può cambiare anche il «software» degli altri Paesi. Gli Stati
Uniti dovranno tornare a riconoscere che la vera forza è basata anche
sulla saggezza, la politica, e gli alti orizzonti morali.

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Trecento Milioni di Americani

Questo mese, la popolazione degli Stati Uniti ha raggiunto i 300 milioni e continua a crescere. A differenza della maggior parte delle società industrializzate (o "ricche" che si voglia dire) la popolazione americana continua a crescere a ritmi non dissimili da quelli del cosiddetto "terzo mondo", quasi l'1% all'anno, ovvero quasi 3 milioni di persone in più all'anno. E' come aggiungere una nuova città di grandi dimensioni al paese tutti gli anni. Non è chiaro quali elementi portino la società americana a questa tendenza alla crescita; in parte è dovuto certamente all'immigrazione, in parte forse alle forti differenze sociali che esistono negli Stati Uniti e al basso livello di istruzione degli strati più poveri della popolazione.

In altri tempi, il raggiungimento del "traguardo" dei trecento milioni di persone sarebbe stato causa di celebrazione (più popolo=più baionette, come diceva il duce da noi). In questi giorni, la notizia è stata data sui network con un misto di approvazione e di perplessità. Non è politicamente corretto dire che la crescita della popolazione è una cosa negativa, anzi, nella maggior parte dei casi si è letto che è una cosa positiva, se non per il numero di baionette, almeno per l'economia. Negli USA, sembra che alcuni vedano la crescita demografica nazionale come un punto di vantaggio sulle demograficamente decadenti società europee e russe. Ma una certa apprensione sul superamento dei limiti di sostenibiità negli USA sembra serpeggiare.

Lester Brown è fra quelli che hanno commentato negativamente la crescita della popolazione americana nell'articolo che segue dal sito "earthwatch".

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U.S. POPULATION REACHES 300 MILLION, HEADING FOR 400 MILLION

No Cause for Celebration


Lester R. Brown

Sometime this month, the U.S. population is projected to reach 300 million. In times past, reaching such a demographic milestone might have been a cause for celebration. In 2006, it is not. Population growth is the ever expanding denominator that gives each person a shrinking share of the resource pie. It contributes to water shortages, cropland conversion to non-farm uses, traffic congestion, more garbage, overfishing, crowding in national parks, a growing dependence on imported oil, and other conditions that diminish the quality of our daily lives.

With births exceeding deaths by nearly two to one, the U.S. population grows by almost 1.8 million each year, or 0.6 percent. Adding nearly 1 million immigrants per year brings the annual growth rate up to 0.9 percent, raising the total addition to 2.7 million. As things now stand, we are headed for 400 million Americans by 2043. (See data at http://www.earthpolicy.org/Updates/2006/Update59_data.htm.)

Full article at:
http://www.earth-policy.org/Updates/2006/Update59.htm

martedì, ottobre 24, 2006

Un piccolo trucco un grande effetto...

Leggendo un interessante articolo,

visibile qui:
http://www.financialsense.com/Market/kirby/2006/0925.html

parrebbe che Goldman&Sachs abbia modificato sottilmente i suoi benchmark e per questo molti Edge funds che, grazie ai nuovi benchmark, si trovavano penalizzati rispetto all'indice di riferimento, abbiano dirottato i loro investimenti in settori diversi da quello energetico, con il risultato di un notevole calo del valore dei futures petroliferi di Settembre ed Ottobre.

"Prior to Goldman's revision of the Goldman Sachs Commodity Index in July, unleaded gas accounted for 8.45% (dollar weighting) of the GSCI. Now unleaded gas is only 2.30%."

"Goldman's changes probably induced arbs, commercial hedgers, and other traders to sell September and October unleaded gasoline future contracts to avoid possible (settlement, delivery, etc.) problems.

September futures expired in August; October contracts expire September 29. So unleaded gasoline prices collapsed in August and September."

Vero, falso?

Plausibile, comunque, visto che questo indice e' scrupolosamente seguito dai maggiori fondi internazionali.
La tempistica e' interessante. in pratica e' un bel regalo al Presidente in carica per le elezioni di mid-term.
Perche' l'avrebbero fatto?
Non e' necessario cercare a lungo per scoprire i legami tra Goldman e Sachs ed il Presidente Bush.
Joshua Bolten, l'attuale capo dello staff del Presidente(nominato a fine Aprile 2006) è l'ex direttore esecutivo di Goldman&Sachs International.
Solo una coincidenza?

http://www.whitehouse.gov/government/bolten-bio.html

Pietro Cambi

domenica, ottobre 22, 2006

Ecotorcia Imbrogliona

Tempo fa, mi hanno regalato una torcia elettrica "ecologica", di quelle che si ricaricano agitandole. Eccola qui:



Sapete come funzionano queste pile: dentro c'è un magnete mobile che passa attraverso una bobina quando la pila viene agitata. Si raccoglie un po' di corrente dentro un condensatore che poi va a far funzionare una lampadina a LED a basso consumo. Non c'è bisogno di pile, quindi non c'è niente di usa-e-getta. Possiamo dire che questo tipo di torcia è davvero ecologica.

In effetti, la torcia che mi hanno regalato funzionava che era una meraviglia; un'agitatina, dentro si sentiva che c'era il magnete che si muoveva. La accendevi e dava una bella luce brillante.

Un po' troppo brillante, però. E durava un tantino troppo a lungo.

Avevo a casa un'altra pila del genere, che funzionava altrettanto bene, però dopo qualche minuto bisognava ri-agitare. Questa qui, invece, dopo mezzora funzionava ancora. Mi sono chiesto se fosse un modello particolarmente perfezionato. L'ho lasciata accesa e dopo un'ora funzionava ancora, brillante come prima. Ma che razza di condensatore ci avevano messo dentro? L'ho lasciata accesa tutta la notte, e la mattina funzionava ancora, un po' indebolita per la verità. Ho provato a riagitarla, ma questo non l'ha resa di nuovo brillante. A questo punto ho cominciato a sospettare l'imbroglio.

In effetti, l'imbroglio c'era. L'ho smontata, ed ecco i risultati:




Visto? L'ecotorcia imbrogliona ha tutto, la bobina, il magnete, il condensatore, ma ha anche due belle pile al litio da 3 V cadauna! Per forza seguitava a fare luce per tutta la notte e alla faccia dell'ecologia! Non sono pile ricaricabili!!

Ho fatto qualche test e ho visto che è proprio un imbroglio. Il condensatore è ridicolo e senza le pile si ottiene una luce fioca, quasi invisibile, che dura trenta secondo al massimo. Non è possibile ricaricare le pile agitando il magnete, per quanto uno ci si metta di buzzo buono e agiti per delle mezz'ore. Quando le pile sono finite, la pila proprio non funziona più e bisogna buttarle via e sostituirle, cosa - come vedete - non molto agevole dato che bisogna smontare la torcia intera.

Ho poi cercato chi vende queste torce e le ho trovate sulle bancarelle in mezzo a tanti altri aggeggi; come vi potete immaginare, è roba fatta in Cina. Va detto che sulla scatola c'è scritto (in caratteri piccoli) che dentro ci sono le batterie al litio. Tecnicamente, non è un imbroglio; uno dovrebbe sapere che cosa sta comprando. Nella pratica, è sicuro che la maggior parte di quelli che comprano questa torcia non fanno caso a quello che c'è scritto sulla scatola e credono di comprare qualcosa di "ecologico" che, in realtà, ecologico non è.

Un esempio dei tanti imbrogli che ci sono in giro che approfittano della buona fede e delll'interesse della gente per appiopparti le peggiori bufale. E la gente ci casca, la torcia me la aveva regalata l'amministrazione di una regione italiana che, distribuendo queste torce, voleva far vedere quanto sono bravi e quanto sono ecologisti!

Questo dell'ecotorcia imbrogliona non è il peggior imbroglio sul mercato; almeno costa poco. Ma attenzione, ci sono in giro delle bufale pericolose che possono veramente incornarti e farti del male!


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sabato, ottobre 21, 2006

Telefonare all'Angelo Sterminatore

L' "independent" del 18 ottobre pubblica un articolo di Ed Caesar sulla possibilità di estrarre idrati di metano dai ghiacci polari, metano che lui chiama "oro".

Oro, forse, ma oro assai pericoloso. Secondo la visione che si sta affermando fra geologi e paleontologi, la causa della distruzione dei dinosauri 60 milioni di anni fa, e delle varie estinzioni di massa nella storia terrestre, sono stati appunto gli idrati di metano.

Il metano è un gas-serra molto più potente del biossido di carbonio. Quello che sembra che sia successo periodicamente nella storia planetaria è stato che un rilascio parziale di metano dagli idrati abbia causato un aumento di temperatura atmosferico. Questo aumento ha sciolto altro ghiaccio che ha rilasciato altro metano dagli idrati. Questo metano ha causato ulteriore riscaldamento e ulteriore rilascio..... Desertificazione e estinzioni di massa: un disastro planetario che richiede milioni di anni di paziente opera della fotosintesi per rimettere le cose a posto.

Già ora siamo nei guai con il pianeta che si sta riscaldando per effetto della CO2 dai combustibili fossili. Parlare seriamente di estrarre il metano dagli idrati per farne carburante per le SUV vuol dire mettere in giro ulteriori gas serra sia CO2 da combustione sia metano puro per le inevitabili perdite dovute all'estrazione. Questo vorrebbe dire dare una decisa accellerazione al processo di riscaldamento già in atto

Nell'apocalisse, l'Angelo Sterminatore è mandato da Dio per punire gli uomini dei loro peccati. Qui, questi che vogliono sfruttare gli idrati hanno il numero di telefono dell'Angelo in questione e lo stanno chiamando direttamente perché venga a fare il suo mestiere.


From the Independent
Beneath our seas, reserves of frozen methane hold more energy than all
other fossil fuels put together. But can we get at them without
causing environmental meltdown? Ed Caesar reports
Published: 18 October 2006

At the bottom of the planet's deepest oceans, and beneath the frozen
shallows of our coldest seas, there is gold.

Gas hydrate, an ice-like crystalline solid that exists in the oceanic
sediment, is a mixture of water and gas - usually methane. It may
become one of the great energy sources of the 21st century, with the
power both to enhance our lives, and, if approached without care, to
damage our planet irreparably. Last week, 100 scientists from 20
countries convened in Edinburgh to discuss the best way to progress
with gas hydrate research, and it will not be their last meeting.
Full Article

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venerdì, ottobre 20, 2006

Il futuro che già c'era

Spigolando sul web mi è capitato questo paragrafo di James Howard Kunstler (http://www.kunstler.com/). Mi pare interessante come riflessione per un venerdi' sera, al momento in cui sto scrivendo.

La fantascienza era come vedevamo il nostro futuro. Per i nostri discendenti, l'era delle meraviglie tecnologiche, elettricità, automobili, aerei, computer e tutto il resto, potrebbe essere come vedranno il loro passato.


I think our future perception of all this will be as a kind of reverse science fiction -- in the sense that sci fi has until now always been presumed to take place in the future. The science fiction of my friends' children will take place in the past. When some of them are old, the omnipresent electric power of this time, and all the wonders that ran on it, will seem like an unfathomable occult force that saturated the world like a spell. They will tell stories about it in the flickering firelight, and their grandchildren will blink in amazement.


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Il Cristallo di Scaroni

Recentemente, Paolo Scaroni, amministratore delegato dell'ENI ha dichiarato:

"La sicurezza dei rifornimenti di idrocarburi è garantita, <..>. Intervenendo a un seminario dell'Opec, l'organizzazione dei paesi produttori e esportatori di petrolio, la scorsa settimana Scaroni ha sottolineato di voler precisare in modo “chiaro come il cristallo che la sicurezza dei rifornimenti non è minacciata dalla scarsezza di idrocarburi”.

"Chiaro come il cristallo"? Per Scaroni, forse, ma non per tutti. Per esempio, domenica scorsa, potevamo leggere in un editoriale del New York times che:

"Our demand for petroleum products strains the limits of the global capacity
to supply them. In past decades, if a pipeline broke in Nigeria, Saudi
Arabia might compensate by setting workers to pumping more oil. Now, with
little additional capacity, rising prices are necessary to balance out
supply and demand."

Notate che se non abbiamo più capacità di pompaggio di riserva, questa è, in pratica, la definizione di "picco del petrolio". A meno di scoperte miracolose all'ultimo momento (e quella del golfo del Messico non basta di certo), la capacità di pompaggio che abbiamo può solo diminuire per effetto del graduale esaurimento.

Le immense riserve che Scaroni cita nel suo articolo sono al di la degli orizzonti di pompaggio nei tempi e nei modi che sarebbero necessari per evitare il picco e continuare la crescita della produzione. Sono come le divisioni di carta alle quali Hitler dava ordini di attacco negli ultimi giorni del bunker di Berlino.

Chiaro come il cristallo.

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giovedì, ottobre 19, 2006

Il prezzo del barile ed i limiti fisici alla legge di mercato:Anche gli economisti cominciano a crederci

A noi " studiosi" del picco del petrolio, gli economisti che studiano il mercato petrolifero tendono generalmente a provocare un attacco particolarmente virulento di orticaria, dato che solitamente considerano i recenti aumenti del prezzo come transitori, legati a scarsità di investimenti nel settore della ricerca petrolifera e dell'innovazione delle tecniche di estrazione, alle tensioni internazionali, alla vorticosa crescita della Cina e dell'India, alla congiunzione astrale di Saturno e Marte etc.etc.etc.
Sappiamo che vi sono indubbiamente ANCHE queste concause nel determinare il prezzo del barile ma siamo convinti che sia il progressivo esaurirsi della capacità produttiva inespressa, ovvero l'approssimarsi del picco della produzione a creare le maggiori tensioni. Crediamo anche che l'attuale calo sia momentaneo e non duraturo, sostanzialmente basandosi su un eccesso di produzione inferiore al milione di barili/giorno, una offerta che verrà assorbita dal mercato in meno di un anno.
FINALMENTE sembra che anche qualche economista più avvertito, sulla base di considerazioni prevalentemente economiche stia arrivando alle stesse conclusioni.
Il prestigioso International Monetary Fund, ha pubblicato uno studio assai tecnico ed approfondito sul tema in oggetto, scaricabile integralmente qui:
http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2006/wp0662.pdf

Riporto, per semplicità , il passo che mi è sembrato significativo.
Long-Run Supply of Crude Oil
The long-run price elasticity is positive, but it remains low. It is significant and estimated at
0.08 for the annual data. This result shows that long-run oil supply is determined by
technological factors and discoveries, and is less responsive to prices.".......
...OMISSIS...
....."The findings of this section represent basic properties of the oil markets. Particularly, these
markets are characterized by price inelastic demand and supply. Many episodes of sizeable upand-
down jumps in prices and rising volatilities provide evidence of this inelasticity. The
implication of the price inelasticity is that small excess demand would require a large change in
prices to clear the market."
In buona sostanza , ANCHE sulla base di considerazioni puramente economiche l'andamento economico del prezzo del petrolio DEVE essere determinato da fattori TECNICI e DALLE SCOPERTE e non puramente economici.
Inoltre, viene dimostrata la sostanziale INELASTICITA' DELL'OFFERTA (ovvero lo scarso aumento della stessa a fronte di importanti aumenti della domanda).

La conseguenza di questa inelasticità e' che "piccoli aumenti della domanda richiederebbero grandi aumenti del prezzo per soddisfare il mercato".

Per noi niente di nuovo.
Per un economista una rivoluzione o almeno un piccolo shock!
Meglio tardi che mai.
Ancora un passo e FINALMENTE si ammettera' che esistono LIMITI FISICI all'espansione del mercato petrolifero che sono sostanzialmente indipendenti dalle leggi di mercato.
Mi auguro con tutto il cuore che questo si verifichi PRIMA del raggiungimento del picco della produzione del petrolio e della crescita verticale dei prezzi del barile, con il conseguente innescarsi di una recessione mondiale di dimensioni storiche.
Altrimenti sarà l’ennesima e classica spiegazione “ ex post”, utile per gli storici dell’economia ma non particolarmente significativa per chi si troverà a vivere sulla propria pelle l’interessante incontro di leggi fisiche ed economiche-


Pietro Cambi

martedì, ottobre 17, 2006

Bombe Atomiche e Petrolio


Il petrolio al Nymex ritorna oggi sopra i 60 dollari al barile, dopo un periodo in cui era sceso fino a meno di 58 dollari al barile.

Curioso che negli ultimi tempi ogni volta che il petrolio mostrava segni di risalita, la cosa veniva attribuita sulla stampa a "timori riguardo all'atomica iraniana". Però quando i coreani hanno fatto esplodere una bomba atomica vera, il petrolio è andato nettamente giù. Ora che della bomba coreana non se ne parla quasi più, il petrolio ritorna a salire.

Le bombe atomiche abbassano i prezzi? Misteri del petrolio.

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lunedì, ottobre 16, 2006

L'Asse Mosca-Berlino

Un interessante articolo da "Asia Times" esamina i rapporti fra la Russia e l'Europa Occidentale in termini di forniture energetiche e di gas. Per il momento, sembra che il governo Russo abbia scelto un'alleanza Strategica con la Germania e la Francia in funzione anti-USA. L'articolo parla esplicitamente di "Asse Russo-Tedesco" con la compagnia Shtokman che ha deciso di inviare il gas artico in Europa via metanodotto piuttosto che in America via liquefazione. Questa decisione ha ampia rilevanza strategica in vista del previsto esaurimento delle riserve di gas del nord america, previsto per i prossimi anni.


Da "Asian Times" del 14 Ottobre 2006

Russian energy: Europe's pride, US's envy
By M K Bhadrakumar

.....

Speaking at a joint press conference in Compiegne on September 23 in the presence of Merkel and French President Jacques Chirac, Putin dwelt on Russian-French-German trilateral cooperation. He said: "This tripartite format is both in demand and produces positive results in practice. We see this format as a good and reliable mechanism to coordinate approaches and develop joint initiatives in the spirit of our strategic partnership."

Interestingly, Putin also revealed that Moscow's decision to supply gas from Shtokman deposits to Europe emanated out of a suggestion from Merkel "not so very long ago". Putin pointed out that about 55bcm of gas to Germany were being delivered annually by Russia at present, while the supply from Shtokman alone could turn out to be 25-45bcm of gas per year.

Putin said, "You can imagine what kind of quantities we are talking about here, and what this would mean for the European economy and for the German economy. This deposit has enough reserves to ensure supplies for 50-70 years. This creates an absolutely stable and sustainable situation in the economy and on the European energy market, above all in the energy sector in Germany."

Whole article


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domenica, ottobre 15, 2006

La più grande industria del Pianeta: Il Pentagono

Sohbet Karbuz è un cittadino turco che ha lavorato presso l'International Energy Agency (IEA). In questo articolo, riassume i consumi di petrolio e materie prime di quello che è il più grande sistema industriale planetario, il Dipartimento della Difesa (DOD) degli Stati Uniti.

Il DOD da lavoro a tre milioni di persone e occupa un'area pari a circa metà della Gran Bretagna (ovvero circa metà dell'area della Gran Bretagna, leggermente meno di metà dell'area dell'Italia). E' il più grande ente consumatore di petrolio al mondo (che paga, fra l'altro, scontato). Anche la sua capacità di combattere guerre dipende strettamente dalla disponibilità di petrolio. "Un impero che vive di petrolio" lo definisce Karbuz. Una lettura decisamente interessante.


Published on 13 Oct 2006 by Energy Bulletin.
Archived on 13 Oct 2006.

Long live the Pentagon

by Sohbet Karbuz


The US military oil consumption is generally regarded to be a small amount compared to the country’s gigantic consumption. Since oil is and will remain a strategic vital commodity, the Pentagon does not have a luxury of turning its back to oil.

Is the US Department of Defense an empire?

Consider the following points:

  1. The DoD is the only department that has departments within it: The Departments of the Navy, the Air Force, and the Army.
  2. The DoD is one of the world’s largest landlords. It owns or leases nearly 4,000 sites, on more than 30 million acres (half of the UK if you like), spread over 130 countries worldwide. If we include the unreported ones (for example the military bases overseas, which the DoD uses at no cost) that number would be even bigger. Is the US version of colonialism?
  3. The US Military Expenditures is over $500 billion a year, the largest in the world with its more than 50% share. As Martin Luther King once said “A nation that continues year and year to spend more money on military defense than on programs of social uplift is approaching spiritual death.”
  4. The DoD is the world’s largest employer directly employing more than three million people.
  5. The US is the world’s biggest arms supplier, with over 50% share, or almost $20 billion.
  6. The US has world’s largest nuclear warheads stockpile (10,104 warheads, of which 5,735 is operational). Indeed, I still do not understand why DoD does not change its name to its old name “Department of War”.
  7. The US military is the biggest purchaser and consumer of oil (as well as biodiesel) in the world. Also, the US Navy is the largest user of diesel fuel in the world.

If the US is an empire, then Department of Defense is an empire within an empire. And that empire runs on oil.

Continue

Al buio presto, quest'inverno?

Un articolo del 14 Ottobre da "Kommersant" dice che il gas naturale russo diretto in Europa non potrà aumentare (o forse non si vorrà che aumenti) di più del 25% da qui al 2016. L'articolo riporta un'opinione dell'Oxford Energy Institute, secondo la quale, questo aumento non sarà sufficiente per soddisfare la domanda di energia dell'economia europea in crescita. Già da quest'inverno ci troveremo in netta carenza di gas.

Forse si sono tutti fumati qualcosa a pensare che l'economia europea potrà mantenere un tasso di crescita qualsivoglia positivo da qui al 2016. Se però intendono che il gas naturale dovrà sostituire - almeno in parte - una fornitura di petrolio in diminuzione, allora ci può anche stare.

Come diceva Churchill, "non sarà per Agosto, e nemmeno per Settembre..." ma a lungo andare, il futuro si presenta un po' buio.


Da Kommersant 14 Ottobre 2006

Experts Predict Black-Out Winters in Europe

Russian gas exports to Europe will grow no more than 25 percent and will not surpass 200 billion cu. before 2016, a report of the Oxford Institute of Energy Studies says. Russian is unable to cover a growing energy demand of Europe, and as soon as in 2010 the European Union will face a gas shortage. As early as in winter 2006 it will take its toll on the European energy industry, sparkling power shortfalls, analysts from Cap Gemini says.

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sabato, ottobre 14, 2006

Non c'e' solo il picco del petrolio

Spesso tendiamo a dimenticarci che, dopo o per meglio dire "a latere" della curva di produzione del petrolio ed al relativo picco con successivo esaurimento "esponenziale" c'e' quella dell'esaurimento delle terre coltivabili ( o forse, per meglio dire, della "coltivabilita' " delle stesse).
Sui due terzi di umanita' che non consumano una goccia di petrolio nelle loro vite questo picco portera'(sta gia' portando) conseguenza assai piu' vaste di quelle del vischioso nero bau bau.

Sul suolo e sul suo esaurimento bisogna considerare non solo l'esaurimento
" orizzontale" ovvero l'occupazione edilizia di aree di pertinenza agricole ma anche il consumo/erosione verticale del suolo stesso.

A livello generale si confonde spesso il suolo con il detrito.
E' come confondere una mucca con le sue ossa.
Anche i cani, se gli si danno da mangiare SOLO le ossa, non sono molto contenti.
Alla lunga, muoiono.
La maggior parte delle nostre colture attuali, esaurito il suolo ( sia in senso chimico, parzialmente recuperabile con i fertilizzanti che FISICO, questo invece non rimediabile) faranno la stessa fine.
Non in tempi lontani ma nell'arco della vita della maggior parte delle persone che leggono questo mio articolo.
Stiamo consumando il suolo ad una velocita' impressionante, in tutto il mondo.
Questo, in tempi paragonabili a quelli dell'esaurimento del petrolio, portera' al crollo della produzione agricola ANCHE con tutto il possibile impegno tecnologico, con i fertilizzanti di ultimissima generazione, i frumenti ogm auto replicantisi dalla quinta dimensione etc.etc.
Quantifico ed esemplifico .
Un ettaro di bosco in media pendenza nelle zone centrali d'italia perde mediamente una sessantina di kg di suolo.
Un ettaro di vigneto coltivato a rittochino ( lungo la massima pendenza) perde, ALMENO una quindicina di TONNELLATE di suolo.
Ma puo' arrivare, in certi casi, a 50 e piu' tonnellate.
Almeno un kg al metro quadro.
Un ettaro di Oliveto/vigneto a coltura promiscua con terrazzamenti tradizionali perde circa 150 kg.
10 grammi al metro quadro.
Mi sembra evidente che questo tipo di coltivazione e' sostenibile e l'altra no, senza cercare a lungo e spiegare nei dettagli (Ad esempio non tutto il suolo e' uguale, nel senso che non tutti gli orizzonti che lo formano sono ugualmente interessanti dal punto di vista produttivo).
Non sono molti gli studi italiani che hanno dimostrato sperimentalmente gli ordini di grandezza in gioco che vi ho citato, ma ho avuto la fortuna di averne qualcuno tra le mani quando preparavo la mia tesi, un milione di anni fa, appunto sulla realizzazione di una cartografia automatica della suscettibilita' all'erosione.
In rete, cercando un po', si trovano dati ancora piu pessimisti dei miei sulla entità dell'erosione per ettaro, ad esempio, senza citarne altri, qui:
http://www.seafriends.org.nz/enviro/soil/soil63.gif

A livello normativo, in teoria, esistono gia' norme che impongono di mantenere/riparare i terrazzamenti, l'assetto colturale bla bla bla bla.
In pratica il tutto si scontra con dure leggi di mercato che hanno portato e stanno portando alla realizzazione di tecniche di colture che lasciano il suolo nudo per lungo tempo.
Credo che sarebbe importante utilizzare una leva fiscale per promuovere certe tecniche colturali: ad esempio i lavori di mantenimento delle colture terrazzate, poiche' mantengono una ricchezza comune, il paesaggio, e impediscono il ruscellamento selvaggio che si porta via, insieme al suolo, millenni di fatica dei nostri avi contadini, DOVREBBERO essere detraibili al 100% in analogia con il 40% dei lavori di ristrutturazione edilizia.

Pietro Cambi

La Caduta delle Megalopoli

Si moltiplicano i sintomi di un sistema economico al collasso generale.

Dopo la notizia dell'altro giorno della probabile chiusura di Alitalia, è il turno della bancarotta di Taranto. Anche qui, si da la colpa alla cattiva amministrazione, agli sprechi, agli accaparratori di turno.

Solo un caso particolare di città male amministrata? Probabilmente no, perché Taranto non è il solo comune italiano in difficoltà. Ancora, come nel caso dell'Alitalia, sono glia nelli più deboli a cedere per primi, ma è tutta la catena che è tirata oltre il limite di resistenza.

Ci sono delle ovvie differenze; Taranto non è come l'Alitalia, nel senso che il sistema economico di una città non dipende così direttamente dal prezzo del petrolio come quello di una linea aerea. Eppure, è difficile non pensare che la crisi di Taranto non sia anche quella, in qualche modo, correlata alla generale crisi della disponibilità di materie prime.

Sono questi i primi sintomi del collasso generalizzato previsto già nel 1972 dallo studio "I Limiti alla Crescita"? Per il momento non ne abbiamo una prova certa, ma non lo possiamo neanche escludere.






Da "La Repubblica" di sabato 14 Ottobre 2006

Un buco di 500 milioni: si fermeranno gli autobus e si spegneranno le luci nelle strade
Non ci sono più soldi per raccogliere l'immondizia e per seppellire i morti
Debiti, scandali e stipendi d'oro - Taranto, così "fallisce" una città

Se entro l'anno non arriveranno dal governo 60 milioni sarà la bancarotta
dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI

Debiti, scandali e stipendi d'oro Taranto, così "fallisce" una città


TARANTO - I primi a fermarsi saranno i camion della spazzatura. E poi gli autobus. Tutti a piedi, per strade sporche e buie. In cassa non ci sono più nemmeno i soldi per pagare le bollette, in ogni pubblica via si spegneranno le luci. E per la festa dei morti non si seppelliranno più i morti: i servizi cimiteriali verranno ufficialmente sospesi il primo novembre. Il Comune di Taranto non ha più niente. Neanche un solo miserabile euro.

Quella che segue è la ricostruzione dei fatti che hanno sprofondato una città del Sud in un gorgo di debiti, il più grande dissesto finanziario di un ente locale dal fallimento della Napoli dei vicerè degli Anni Ottanta. Un buco di quasi 500 milioni, un sindaco rovesciato dagli scandali, stipendi d'oro che hanno arricchito un clan di burocrati, un prefetto nominato a governare quella Puglia diventata famosa per Giancarlo Cito, intruglio tra un guappo e un picchiatore nero che si era impadronito di un pezzo d'Italia.

E sono stati proprio gli eredi naturali del "feroce telepredicatore" finito in carcere per mafia a divorarsela, a mangiarsela fino all'ultima briciola. Così Taranto ha dichiarato la sua bancarotta amministrativa e la sua bancarotta politica. "La situazione di cassa è paurosa, fatti i conti ho un'autonomia per soli 10 giorni e poi non posso più garantire i servizi essenziali", annuncia Tommaso Blonda, il prefetto incaricato di salvare questa città di 200 mila abitanti che respira i fumi della più grande acciaieria d'Europa e si sta preparando alla sopravvivenza civile.

segue

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giovedì, ottobre 12, 2006

Cantarell alla Frutta?

Venti miliardi di barili di riserve stimate, una produzione di quasi tre milioni di barili al giorno, circa il 3.5% della produzione mondiale. Questo è Cantarell nel golfo del Messico, uno dei più grandi pozzi di petrolio del mondo in operazione.




















Di questi venti miliardi di barili, circa la metà sono stati già estratti. Pare che negli ultimi anni, la Pemex, che gestise l'estrazione, abbia speso sei miliardi di dollari per un sistema di iniezione di azoto che potesse mantere la produzione ai livelli attuali. Tuttavia, la stessa Pemex ha dichiaratonel 2001 che il declino irreversibile della produzione di Cantarell comincerà nel 2006; sembrerebbe che ci siamo.


Ulteriori dati a:

http://www.energybulletin.net/21299.html


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mercoledì, ottobre 11, 2006

Cinquantenario della Predizione di Hubbert

Nel 2006, ricorrono cinquant'anni dalla famosa predizione di Marion King Hubbert che, nel 1956, predisse che la produzione di petrolio dai 48 stati meridionali degli Stati Uniti avrebbe raggiunto un picco nel 1971. Fu un impressionante successo, ancora oggi si parla di "Picco di Hubbert" per indicare il massimo nella produzione di una risorsa minerale

La predizione di Hubbert fu pubblicata nel Marzo del 1956, quindi se vogliamo essere esatti siamo un po' in ritardo per commemorare. Comunque, siamo sempre nell'anno giusto.

Giorgio Nebbia ha scritto un articolo che commemora la predizione e riassume gli elementi principali della teoria di Hubbert, che trovate al sito di Aspoitalia.


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La Caduta delle Aquile Petrolifere

Sembra proprio che siamo arrivati alla fine dell'Alitalia. Sempre annunciata, sempre rimandata, stavolta ci siamo per davvero.

Personalmente, non ho grossi rimpianti per la sparizione di Alitalia, dopo una lunga storia di maltrattamenti che ho subito da impiegati maleducati e boriosi. Tuttavia, va anche detto che sono stato trattato male, a volte anche peggio, anche da impiegati di altre compagnie. Non sono gli impiegati maleducati che fanno fallire una compagnia.

Allora, qual'è la ragione per la sparizione di Alitalia? Nel fiume di parole si parla di cattivo management, di declino del modello italiano, di doppio hub, degli scioperi a Napoli e di quant'altro, magari qualcuno sosterrà anche seriamente che è dovuta agli impiegati maleducati.

In realtà, l'Alitalia non è la sola compagnia aerea a essere in difficoltà: è semplicemente la piu' debole, la peggio organizzata, e quella che sta subendo per prima le conseguenze del declino generale del trasporto aereo. A sua volta, questo declino si può far risalire senza problemi all'aumento dei costi dei carburanti; curiosamente qualcosa che non viene mai o quasi mai menzionata nella serie di ragionamenti che leggiamo in questi giorni.

Le compagnie aree sono le attività economiche più strettamente dipendenti dal petrolio. Probabilmente l'unica attività che non ha nemmeno una vaga possibilità di alternativa. Una ditta che gestisce degli autobus può sempre pensare di attaccarci dei buoi e tirarli in quel modo. Ma gli aerei senza kerosene? A idrogeno? Ad antimateria? Passiamo al teletrasporto di Star Trek?

Quindi le compagnie aree sono un po' il "canarino dei minatori" della situazione. Se (quando) le vedremo morire ad una ad una, capiremo (o dovremmo capire) che la crisi del petrolio è arrivata per davvero. Ma, sicuramente, tutti daranno la colpa al terrorismo!


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martedì, ottobre 10, 2006

ASPO-Italia appoggia petizione sui veicoli elettrici

con l'approvazione del comitato direttivo, ASPO-Italia ha ufficialmente firmato la petizione a favore dei veicoli elettrici che si trova a

http://www.cleanvehicle.com

Ci è parsa una petizione intelligente e bilanciata. Vi invitiamo firmarla anche individualmente

La Cina riempie la Riserva Strategica

Breve ma interessante notizia dall'associated press, ripresa dal GlobeandMail del 6 Ottobre.

La Cina ha iniziato a riempire la sua riserva strategica di petrolio con l'obbiettivo di immagazzinare 100 milioni di barili in tempi brevi. Si dice che per il momento la riserva viene riempita con riserve nazionali, ma la cosa comunque non può non rispecchiarsi in un'accresciuta domanda di petrolio da parte della Cina. Con l'entrata in operazione degli altri siti di riserva, il riempimento è destinato ad avere un effetto riscaldante sul mercato del petrolio.

Gli stati uniti hanno già la loro "Strategic Petroleum Reserve" piena con 690 milioni di barili al momento. Oggi, riempire di petrolio le proprie riserve strategiche sembra avere lo stesso significato della mobilitazione generale nel passato. Chi ha le riserve piene, potrebbe essere tentato di attaccare chi ancora non le ha prima che anche quell'altro faccia il pieno. Vedremo cosa succederà.

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China starts filling strategic oil reserve

Associated Press

BEIJING — China has started filling the tanks of a strategic oil reserve meant to insulate the country from disruptions in supplies, an official said Friday.

The tanks in Zhenhai, a city in the coastal province of Zhejiang, south of Shanghai, are being filled with domestically produced oil, said Xu Dingming, deputy director of the Cabinet's State Energy Office.

Mr. Xu didn't say how much oil had been pumped into the tanks or when the process was to be completed.

“All of the construction work (in Zhenhai) has been completed,” Mr. Xu told Dow Jones Newswires at an energy conference. “Since the storage facility has been built, it must be put into operation as soon as possible.”

The Zhenhai facility, with 16 massive oil tanks, is one of four planned sites for petroleum reserves. The others are to be built next year and in 2008.

Previous reports said Beijing plans to stockpile up to 100 million barrels of petroleum, or the equivalent of almost a month's national consumption.

The United States operates a similar reserve.

China supplied its own oil for decades from domestic oil fields, but became a net importer in the 1990s. Driven by a booming economy, it has quickly risen to become the world's third-biggest oil importer, after Japan and the United States.

Mr. Xu's agency was created this year to co-ordinate energy policy and supervise state-owned oil companies and other resources.



Originale GlobeMail

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Siamo proprio sicuri che la priorità è tappare i buchi del secchio?

In un articolo pubblicato oggi sul sito di ASPO-Italia, Domenico Coiante, esperto di energia rinnovabile, esamina l'intensità energetica del sistema economico Italiano nel tentativo di dare una risposta alla domanda su quale sia la priorità che abbiamo davanti: risparmiare energia o produrne di nuova con le fonti rinnovabili?

Secondo una fortunata metafora dovuta a Maurizio Pallante, il sistema energetico italiano è paragonabile a un secchio bucato. Ovvero, il sistema è enormemente inefficiente e pertanto dovremmo concentrarci su tappare i buchi (risparmio energetico) piuttosto che sul riempire il secchio (produzione di energia). Questa metafora è, tuttavia, basata su dati episodici piuttosto che su un'analisi quantitativa

Coiante fa vedere in questo articolo che l'intensità energetica, ovvero il rapporto fra il PIL e il consumo energetico del sistema economico italiano è buona, paragonabile e spesso migliore a quella di altri stati europei. Il parametro "intensità energetica" è soltanto uno dei molti che possono descrivere il sistema economico italiano, tuttavia questo risultato di Coiante indica chiaramente che non possiamo investire tutte le nostre risorse nel solo risparmio energetico ma che il sistema industriale ha disperatamente bisogno dell'energia che possiamo creare per mezzo delle fonti rinnovabili


L'articolo di Coiante è disponibile in formato pdf.

domenica, ottobre 08, 2006

Non c'è problema, basta cambiare il mix!

Ci sono due pagine intere di commenti sul "caro energia" sulla "Nazione" di oggi, 8 Ottobre. Elena Comelli descrive come gli aumenti dei prezzi del petrolio e del gas si ripercuotono sulle bollette. La spesa media per famiglia per l'energia si aggira oggi sui 1500 Euro l'anno e il rincaro per quest'anno è stato di 128 Euro in media.

Ineccepibile fin qui, ma qual'è la ragione di questi aumenti? Ecco la spiegazione della sig.ra Comelli


Perché? La nostra gravissima esposizione alle oscillazioni del greggio dipende dal mix del tutto anomalo usato in Italia per produrre energia. Siamo l’unico Paese d'Europa privo di risorse proprie dove non si usa il nucleare. E per di più abbiamo una quota bassissima di carbone (14 per cento contro il 54 per cento della Germania e il 34 per cento del Regno Unito), che non accenna ad aumentare per le resistenze locali a tutti i progetti presentati dall'Enel. Tolte le due fonti energetiche più economiche, non resta altro che produrre energia con gli idrocarburi, universalmente considerati troppo cari e troppo volatili per farci girare un intero Paese.


Ci possiamo divertire a spulciare questo paragrafetto per i molteplici errori che contiene. Per esempio, se l'Italia è "l'unico paese d'Europa privo di risorse proprie che non usa il nucleare" ne dovremmo dedurre che la Grecia non fa parte dell'Europa. Che poi noi si sia "privi di risorse proprie" è discutibile essendo l'Italia il quarto paese europeo produttore di petrolio. E non è neanche vero che non usiamo il nucleare, semplicemente usiamo impianti che non sono localizzati sul territorio nazionale,

Dopo un inizio così, il resto non è migliore. "Le due fonti energetiche più economiche" sarebbero da intendersi come il carbone e il nucleare? Ommammamia, questa signora non ha mai sentito parlare di costi esterni.............?

Insomma, non c'è problema tanto grave che non si possa risolvere con una dose appropriata di luoghi comuni

sabato, ottobre 07, 2006

Telegiornale delle Pulci: la Fine del Cane è Vicina

Gira per internet una notizia preoccupante. Sembra che ci sia un aumento impressionante delle opzioni "put" sul mercato. Ovvero, pare che gli operatori si stiano preparando al crollo del mercato.

Qualcosa di simile è successo anche prima degli attacchi dell'11 Settembre quando, evidentemente, la notizia dell'attacco imminente è trapelata in anticipo. Qui, è abbastanza evidente che il crollo del mercato dovrebbe essere causato dall'attacco all'Iran.

Di per se, l'aumento delle Put non vuol dire necessariamente che gli operatori sappiano di un attacco imminente, potrebbe essere semplicemente il "sentiment" del rimbalzo dopo che, ultimamente, il mercato era andato piuttosto bene.

Tuttavia. accoppiato alla notizia delle varie Task Force americane in corso di schieramento nel golfo, sembrerebbe che siamo di fronte a una seria possibilità che l'attacco all'Iran sia programmato prima delle elezioni di Novembre, la cosiddetta "Sorpresa di Ottobre"

Se questo è il programma, tanto sorpresa non è, ma fa poca differenza. Qualche pulce più attenta si è accorta che la fine del cane è vicina, ma ci può far poco.

Link all'articolo completo


Stock Market "Put Options" In October May Indicate Market Collapse

(FFN Editor's note: These Put Options are by no means an indication of a false flag by themselves. But combined with the coming STRATCOM drills from Oct. 24-Nov 8, and the movement of nuclear submarines into the Gulf by Oct. 21 with "Prepare to Deploy" orders, we appear to be on the brink of war with Iran. Those who monitor the financial markets must be accutely aware of what this short-selling could mean, and why some are anticipating a market collapse as soon as October.)

http://www.freemarketnews.com/WorldNews.asp?nid=22476

Sunday, October 01, 2006 - FreeMarketNews.com

INITIAL POST 09.30.06

A faithful reader and commentator, "A. Magnus" writes the following email, posted to FMNN General Feedback:

"Do you like October suprises? Is there a big bang coming to hit the markets? If you believe that those in the know use insider information before major events then you might be interested on the HUGE number of October 6th put options for the big indexes. Check out the concentrated puts on the Diamonds DOW Trust (DIA):

http://finance.yahoo.com/q/op?s=DIA

Ditto for the S&P Depository Receipts (SPY):

http://finance.yahoo.com/q/op?s=SPY

And the NASDAQ (QQQQ):
http://finance.yahoo.com/q/op?s=QQQQ

Even the Market Vectors Gold Miners has significant puts for October 6th:

http://finance.yahoo.com/q/op?s=GDX

Make no mistake - something wicked this way comes, and the smart money has already taken preventative steps."

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Le Talpe pensano che il Mondo sia Lombrichi

Arriva da "powerswitch" un'interessantissima analisi di J.L. Howard della diffusione del concetto di "Peak Oil" sulla stampa. Trovate queste illuminanti 12 pagine, assolutamente da leggere, a

http://www.powerswitch.org.uk/portal/images/stories/papers/poitmacsr.pdf

Howard fa notare come il concetto di "Peak Oil", pur in fortissima crescita nella consapevolezza planetaria, rimane assolutamente marginale e ignoto ai più. La figura quintessenziale dell'articolo mostra le relative menzioni di vari termini sulla stampa americana. Può darsi che questa figura non si legga bene su questa pagina, perciò ve la descrivo. Le barre rosa sono i riferimenti sulla stampa al terrorismo e alla guerra al terrore (notate il balzo brusco in avanti del 2001, dopo l'attacco alle torri gemelle). Le barre Rosse sfumate sono le menzioni della parola "Hollywood"; quelle verdi sono per "Climate Change". "Peak Oil" si vede appena negli ultimi due anni.



In sostanza, chi legge i media convenzionali è esposto a una visione del mondo dove il problema principale è il terrorismo mentre l'altra cosa importante è l'intrattenimento rappresentato da Hollywood - da noi sarebbero le varie telenovelas, reality show, eccetera.

Le cose veramente importanti, il cambiamento climatico, sono relegate in una posizione marginale. Il picco del petrolio, poi, quasi non esiste neanche

Questa è la nostra attuale visione del mondo - le talpe non si curano che dei lombrichi.

venerdì, ottobre 06, 2006

Il Grande Buco di Kashagan: cattive notizie dal fronte orientale

Cattive notizie da Kashagan, il pozzo nel bel mezzo del mar caspio, in Kazakhstan, dal quale ci si aspettavano grandi cose, ma che si sta sempre di più ridimensionando. Alle prime esplorazioni, era stato stimato in 80 miliardi di barili, il che aveva dato origine a molti entusiasmi e, secondo alcuni, all'intera guerra in Afghanistan. Poi, a una trivellazione di prova, le stime si erano abbassate a meno di 15 miliardi di barili.

Oggi, arriva la notiza che il giacimento non entrerà in produzione entro il 2008, come previsto, ufficialmente per "motivi di sicurezza degli impianti". In realtà, si legge fra le righe che ci sono enormi problemi.

Un brutto colpo per ENI che aveva fatto pivotare tutta la sua strategia petrolifera sul giacimento di Kashagan. D'altra parte, c'erano delle ragioni per cui le altre majors, come Exxon e BP avevano abbandonato l'impresa già diversi anni fa. Tempi duri per tutti, del resto....


Da Bloomberg del 6 Ottobre

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Total Says Kashagan Field Production Faces Delay as Costs Rise

By Eduard Gismatullin and Nariman Gizitdinov

Oct. 4 (Bloomberg) -- Total SA said production at the Kashagan oil field in Kazakhstan, one of the five biggest in the world, will likely be delayed beyond its planned 2008 start and the project will cost more than forecast.

The project's design will have to be changed because existing plans don't meet adequate safety standards, Philippe Rochoux, general director of Total Exploration and Production in Kazakhstan, said today in Almaty, Kazakhstan's financial capital. A decision on new designs and the timetable for starting operations will be made by year's end.

``It could be delayed by several years, 2008 is not possible,'' Rochoux said today on the sidelines of a conference in Almaty. ``Costs are going to be higher.''

Kashagan is a key part of Kazakhstan's plans to almost triple oil production to 3.6 million barrels a day by 2015. The field in the Caspian Sea off Kazakhstan is the biggest oil discovery in the past 30 years.

Eni, Europe's fourth-largest oil and gas company, in March said developing the field in Kazakhstan would cost between $4 billion and $5 billion more than forecast due to a weaker U.S. dollar and the higher cost of equipment. The company in 2004 put the development cost at $29 billion over 15 years.

The Kazakh government had planned for Kashagan to start in 2008.

Agip, Eni's oil unit, leads a group of partners, which include Exxon Mobil Corp., Royal Dutch Shell Plc, Total and KazMunaiGaz, Kazakhstan's state oil company, in developing Kashagan.


Read the whole article at:

http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601085&sid=a9zDGxOvkMJY&refer=europe

mercoledì, ottobre 04, 2006

Tutto Pronto per l'Attacco?

E' tutto pronto per l'attacco all'Iran? Da Reuters arriva questo articolo dove si dice che, forse, si. Pare che le riserve esistenti possano supplire alla mancanza di forniture dall'Iran anche per 18 mesi, ovvero per tutto "tranne gli scenari più catastrofici." Mi domando quali siano gli scenari "meno catastrofici"Sapranno loro....???


L'articolo è del (Commissario?) Rex Nutting (vedi foto a lato) e si riporta l'opinione di questo mai-sentito-nominare-prima "Government Accountability Office" GAO (immagino che il comunicato arrivi da Pisa......)

Da Reuters di oggi:

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By Rex Nutting, MarketWatch

WASHINGTON (MarketWatch) - International petroleum reserves are large and nimble enough to replace all the lost oil capacity in all but the most catastrophic scenarios, the Government Accountability Office said in report released Tuesday.
International reserves and excess capacity - including the 727 million barrel U.S. strategic petroleum reserve - could replace all the oil supply lost from a hypothetical Gulf of Mexico hurricane, or a lengthy strike in Venezuela, or an 18-month embargo of Iranian oil, or a major terrorist attack on oil facility in Saudi Arabia, the GAO said.

But reserves could not replace the lost capacity if the vital Strait of Hormuz were blocked for a month or if all Saudi oil production were shut down for 18 months, the report said.

"The SPR is an extremely valuable asset, and releasing oil from the reserve during oil supply disruptions could greatly reduce the damage to the U.S. economy," GAO said. "The SPR can currently release up to 4.4 million barrels of oil per day--about 44 percent of U.S. daily oil imports--for 90 days, and can release a diminishing amount of oil for an additional 90 days."
If all Saudi production were shut off for 18 months, the average quarterly price of crude oil would likely rise by $54 to $87 per barrel even if the global community threw all its reserves into the market, the GAO said. Saudi Arabia produces about 10 million barrels of crude oil a day.


Read the complete paper at:

http://www.marketwatch.com/News/Story/Story.aspx?dist=newsfinder&siteid=google&guid=%7BC8C2BED8-0575-4143-B314-A6118B4608DC%7D&keyword=



Petrolio: Riprende la Discesa

Sorpresa di questa settimana: dopo che il barile aveva rimbalzato più di una volta sulla "linea fatidica" dei 60 dollari al barile, da lunedì ha iniziato una nuova discesa che lo ha portato oggi (4 Ottobre) sotto i 59 dollari al barile. Come al solito, l'andamento dei prezzi spiazza gli operatori che si dividono fra chi parla di aumenti bruschi nel prossimo futuro e chi invece ritiene che avremo ulteriori diminuzioni. Ecco i prezzi dei futures di novembre al Nymex, da www.wtrg.com


domenica, ottobre 01, 2006

Infinito in ogni Direzione

Tempo fa, mi trovavo a conversare con una signora colta e raffinata, fra le altre cose anche blasonata con un titolo nobiliare. A una sua domanda sul mio lavoro, risposi che mi occupavo di petrolio, cosa che normalmente è sufficiente per dirottare la conversazione su argomenti più interessanti. In questo caso, tuttavia, la signora in questione si è incuriosita al punto da chiedermi qualche ulteriore dettaglio. Al che, ho bofonchiato qualcosa a proposito della "fine del petrolio." La signora mi ha guardato ancora più incuriosita, commentando, "Che strano, io sapevo che il petrolio si rigenera in continuazione nelle viscere della terra".

Ad un approfondimento da parte mia, mi è apparso chiaro che la nobildonna con cui conversavo non faceva parte della perniciosa schiera dei folli pericolosi che sostengono che il petrolio è infinito sulla base della cosiddetta "teoria del petrolio abiotico". No, la signora semplicemente aveva mancato la rivoluzione intellettuale (una delle tante) che a partire dalla fine del '700 aveva portato a capire che le risorse minerali del pianeta sono effettivamente limitate. Mancandogli dati sull'argomento, la signora non aveva motivo di ritenere che il petrolio dovesse prima o poi finire. Lo aveva semplicemente catalogato insieme alle barbabietole e ai cavolfiori, come cose che ricrescono tutti gli anni, magari innaffiandole un po'.

Se non a tutti si può chiedere di aver studiato geologia, certe volte si rimane perplessi di fronte a manifestazioni di ignoranza abissali da parte di persone che, viceversa, si potrebbero presumere di dover conoscere certi elementi del loro mestiere. Una cosa del genere mi è capitata di recente.

Seguivo la sessione di bioarchitettura di un congresso sull'energia e ho sentito la presentazione di un architetto che ha mostrato la sua ultima creazione; una casa "bio-eco-climatica" a bassissimo consumo energetico. L'oggetto è tutto fatto in materiali naturali, legno, argilla e poco più ed è isolato con uno spesso strato di sughero che lo rende impermeabile al caldo e al freddo. Costa poco e si monta in un giorno con pezzi prefabbricati.

Vi dirò che l'oggetto, pur interessante, non mi ha entusiasmato più di tanto. Come proporzioni ricorda quelle di una scatola da scarpe. Come concetto mi ricorda, in effetti, la scatola da scarpe riempita di bambagia ove, in tempi ormai remoti, avevo tenuto un passerotto caduto dal tetto. Come estetica, non lo definirei ne particolarmente brutto ne bello, ma troverebbe la sua collocazione ideale in qualsiasi centro commerciale con un insegna tipo "fast food" sulla facciata anteriore.

Alla fine della presentazione ho quindi fatto un commento e una domanda: "E' lodevole," ho detto, "che si cerchi di ridurre al massimo i consumi di risorse non rinnovabili, come il petrolio e il gas naturale. Tuttavia, mi sembra che facendo edifici a basso costo che si montano in un giorno si rischia di veder proliferare nuove costruzioni che aumenterebbero il consumo di un'altra risorsa non rinnovabile forse anche più importante dei combustibili fossili: il territorio." Citando un dato del WWF che parla di un area occupata da nuove costruzioni di circa 1500 km2 all'anno, ho continuato dicendo, "Non pensa il relatore, o uno dei cortesi amministratori seduti al tavolo dei relatori che sarebbe il caso di preoccuparsi altrettanto dell'occupazione del suolo quanto dei consumi energetici?"

Le risposte che ho ottenuto non sono state molto entusiasmanti. L'architetto che aveva costruito la grande scatola da scarpe ha detto, sostanzialmente, che non era compito suo preoccuparsi di dove e quante case si costruiscono, ma solo che vengano costruite bene. L'amministratore che ha risposto alla mia domanda ha citato qualcosa che ha chiamato il "protocollo di Itaca" che tuttavia, a detta dello stesso amministratore, non è studiato allo scopo di conservare suolo.

In sostanza, amministratori e architetti - e non solo di quella particolare conferenza - sembrano considerare il territorio allo stesso modo in cui la nobildonna che citavo prima considerava il petrolio: infinito in mancanza di dati contrari.

Non ho dati precisi, ma da una ricerca su internet sembra che nessuno sappia con esattezza quanto suolo del nostro paese è occupato da costruzioni o, comunque, impermeabilizzato da cemento, bitume o cose del genere. Il dato del WWF, 1500 km2 all'anno, è un dato troppo "rotondo" per essere affidabile. Potrebbero essere solo 1000 km2 all'anno, oppure magari 2000. E poi, nel computo, si contano anche gli spazi fra le case? Si contano i vasi di gerani sui balconi? Quanto è l'effetto indiretto, in termini di ombreggiature e zone inaridite dal passaggio umano e di veicoli? Che tipo di suolo viene effettivamente coperto? Quanto suolo fertile viene effettivamente sottratto all'agricoltura? Quanto al pascolo, al bosco, o all'allevamento? Che effetto ha quesa impermealizzazione sul sistema idrogeologico? Che effetto ha sul sistema climatico? Ma soprattutto, quanto possiamo ancora coprire suolo prima che la produzione alimentare si trovi in difficoltà? In confronto ai 300.000 km2 di territorio italiano, coprirne qualche migliaio l'anno magari non sembra tantissimo, ma ricordiamoci che solo la metà circa del territorio è coltivabile. E cosa sappiamo in termini di tendenze? Sta aumentando la frazione coperta ogni anno, e se si con che velocità? Potrebbe darsi che il problema possa comincare a porsi in maniera drammatica non fra secoli ma fra pochi decenni e forse anche meno?

E' curiosa questa nostra ignoranza quasi totale di tutte queste cose, soprattutto se la compariamo con quello che sappiamo del petrolo, del quale abbiamo dati sui più sottili dettagli delle varietà di greggi, provenienze, produzioni, stime delle riserve eccetera. Tuttavia, sembra che i dati sull'occupazione del suolo da parte di strutture artificiali non solo non siano disponibili, ma non interessino a nessuno. Come nel caso del petrolio, può darsi che cominceremo ad accorgersi della gravità del problema quando sarà troppo tardi